Yoga Per Bambini: a Cosa Serve, Quando è Inutile

Negli ultimi anni lo yoga per bambini è diventato di moda. E, non mi stancherò mai di ripeterlo, ben vengano queste mode che fanno bene! Ma in ormai 4 anni di insegnamento e di interazione con bambini e genitori, ho capito che questa disciplina ha enormi vantaggi per i più piccini, ma anche alcuni limiti che vanno spiegati ai genitori.

Yoga per i Bambini: i Benefici

Quest’anno ho avuto modo di lavorare individualmente con un ragazzino che, da sempre, ha la voce rauca. Dopo un esame, il medico si è accorto che ha dei noduli sulle corde vocali. La causa sarebbe lo sforzo eccessivo esercitato sulle corde vocali stesse per via di una respirazione troppo superficiale.

Insieme abbiamo lavorato sulla respirazione addominale e poi sulla voce, cantando l’OM e facendolo partire “dalla pancia”. Ora sta lavorando con una logopedista ma intanto i noduli sono quasi scomparsi e la voce è più fluida.

Spesso parliamo degli effetti di una cattiva respirazione sul corpo, ma è raro vederli in modo così netto, poterli letteralmente toccare con mano. In questo caso anche gli effetti dello yoga sono stati concreti e tangibili.

In molti altri casi non è così. A volte i genitori vengono a dirmi che hanno iscritto i loro figli a lezione di yoga perché erano troppo agitati e che, due mesi dopo, continuano ad esserlo.

Spesso io faccio notare che, all’inizio, il bambino in questione non riusciva a stare seduto a lungo o a rimanere in silenzio durante il rilassamento finale, mentre ora lo fa. Vuol dire che riesce a rilassarsi per 5-10 minuti; a calmare il corpo e la mente per un breve lasso di tempo.

Certo, magari a scuola ha ancora difficoltà a stare fermo, e a casa sollecita continuamente i genitori perché non sa giocare da solo, ma questi non sono necessariamente dei problemi. O meglio, la maestra potrebbe esserne esasperata, e così i genitori, ma può essere una semplice questione di temperamento, che andrebbe semplicemente accettata.

Essere pieni di energia non è un difetto: lo sanno bene le mamme che non ne hanno mai abbastanza per “correre” dietro ai loro figli. Un bambino che ama stare da solo può essere una benedizione per i genitori nei primi anni di vita, ma quegli stessi genitori potrebbero preoccuparsene più avanti, magari durante l’adolescenza, trovando il suo comportamento strano.

Voler aiutare i nostri figli a stare bene e a trovare il miglior equilibrio psicofisico possibile è un’ottima cosa, ma non dobbiamo lasciarci condizionare dagli stereotipi.

Maria Montessori scriveva più o meno così:

Non c’è nulla di più semplice che distinguere tra bambini buoni e cattivi, a scuola: buoni sono quelli che stanno zitti e immobili; cattivi sono quelli che si muovono e parlano.

Quel bambino che si muove tanto sarà forse, in futuro, un grande sportivo; quello che parla molto un grande leader. Quello silenzioso magari sarà uno scrittore, o un genio informatico. Anche questi sono stereotipi, perché il genio informatico può essere sportivo e il leader un taciturno; sono semplici esempi attraverso i quali cerco di far capire ai genitori che dovrebbero accettare i loro figli come sono, e non cercare in tutti i modi di far sì che si conformino a ciò che la società sembra chiedere loro. Solo chi si sa distinguere fa la differenza.

Certo, chi è “diverso” rischia di soffrire durante alcune fasi della vita, ma non si tratta di una sofferenza inutile: è la farfalla che rompe il suo bozzolo per spiegare le ali.

Nel mio libro “Mindfulness per genitori” raccontavo di una domanda che mi è stata posta, con tutte le buone intenzioni, da una mamma:

Mia figlia è timida, cosa devo fare?

La mia risposta? Niente! Devi accettarla. Da quando la timidezza è diventata socialmente inaccettabile? Un tempo, per una donna, era una qualità irrinunciabile.

Certo, se la timidezza diventa un handicap e fa soffrire il bambino, va affrontata insieme, ma se semplicemente ti senti a disagio perché tua figlia di quattro anni abbassa la testa quando gli adulti la salutano, o non ha il coraggio di unirsi ai giochi di altri bambini che non conosce, preferendo stare vicino a te (che invece vorresti una meritata pausa), dovresti lavorare più su di te che su di lei.

Attenzione, questo discorso non vuole colpevolizzare i genitori: so bene che tutto quello che fai per i tuoi figli lo fai per il loro bene e che se vuoi “fare qualcosa”per tua figlia che è timida è perché ti è stato insegnato che essere timidi è sbagliato. E se a volte al parco vorresti sfogliare tranquillamente una rivista mentre tua figlia gioca con gli altri invece di starti appiccicata, questo non fa di te un genitore poco amorevole. Come abbiamo già detto in passato, prendersi cura di sé è indispensabile per potersi occupare degli altri. Quella famosa energia di cui parlavamo sopra e di cui spesso noi genitori siamo sprovvisti deve essere in qualche modo ricaricata se vogliamo essere in grado di occuparci dei nostri bambini. Essere continuamente sollecitati è faticoso e sperare che il bambino socializzi è più che normale.

Ma bisogna anche fare i conti con la realtà. Ci sono, al mondo, persone poco socievoli. Io, devo ammetterlo, sono una di queste. E alla mamma che mi chiede “Mio figlio non socializza, cosa devo fare?” vorrei rispondere: “Compragli un bel libro e lascialo leggere in pace”. Magari non gli piace leggere, allora bisognerà trovare l’attività solitaria che lo appassiona.

Il discorso è diverso se il bambino soffre per la sua timidezza, ad esempio. Se desidera stare con gli altri ma non osa farlo. In questo caso si può intervenire in molti modi: invitando gli amichetti a casa in modo da aiutarlo a formarsi un gruppetto con il quale si sente a suo agio, incoraggiarlo a fare uno sport di squadra (cosa che invece non va imposta per un bambino che preferisce stare solo) eccetera.

Yoga per Bambini… o per Genitori?

C’è però un’altra cosa che mi capita spesso quando parlo con i genitori che mandano i bambini a lezione di yoga. Un meccanismo molto semplice da individuare da parte di un estraneo (come sono io all’inizio del nostro rapporto) ma difficile da comprendere, e soprattutto da accettare, per le persone coinvolte.

C’è la mamma che, davanti a scuola, aspetta la figlia in macchina perché non ha voglia di parlare con le altre mamme (che sono noiose, invadenti, pettegole, eccetera) e poi viene da me preoccupata perché sua figlia non vuole socializzare.

C’è il papà che critica continuamente la maestra e poi viene a chiedere aiuto a me perché suo figlio risponde male in classe.

C’è il genitore iperstressato che vuole mandare il figlio a lezione di yoga perché sta per separarsi/traslocare/risposarsi e non vuole traumatizzarlo.

Lo yoga va benissimo, e ai bambini non può fare che bene, ma in casi come questi consiglio ai genitori di iniziare loro stessi a praticare. Non è facile far passare il messaggio ma quelli che hanno seguito il mio consiglio hanno visto la differenza e, ritrovata la serenità, hanno scoperto che i loro figli non avevano alcun bisogno di praticare.

Molti di noi sono talmente votati al sacrificio che, dovendo spendere dei soldi in lezioni di yoga, troverebbero egoistico farlo per sé, e molto più nobile pensare prima al bambino. Ma il bambino che vive in un ambiente sereno non avrà bisogno di ritrovare la serenità.

È sempre la stessa storia della maschera d’ossigeno: indossa la tua maschera maschera prima di aiutare altri passeggeri bisognosi di assistenza. Si dice che un bambino non può essere sereno se i genitori non sono sereni. Per me questa affermazione non è esatta, e ne ho parlato qualche tempo fa in un post intitolato «Mamma depressa = figli infelici?». La verità è che un bambino sarà sereno se ha come esempio un genitore che sta lavorando per costruirsi la sua serenità.

Conclusione?

Se stai meditando di iscrivere tuo figlio ad un corso di yoga, chiediti prima perché lo fai. Vuoi che acquisisca una maggiore flessibilità, sia fisica che mentale? Vuoi che impari a respirare correttamente? Vuoi che si diverta insieme agli amici? Vuoi che, da grande, conosca delle tecniche valide per alleviare lo stress quando questo si presenterà? Bene, lo yoga è proprio quello che fa per il tuo bambino.

Se invece vuoi che cambi il suo modo di essere (da timido ad estroverso, da iperattivo a zen, eccetera), farai meglio a risparmiare i soldi. Spendili per una gita fuori porta o per una cena con gli amici, e accetta semplicemente il fatto che tuo figlio non corrisponde esattamente all’ideale che hai costruito nella tua mente. Quando l’avrai fatto, sarete pronti per vivere insieme un sacco di meravigliose esperienze.

Se il problema non è il carattere del bambino ma il suo comportamento, prova ad osservare i tuoi, di comportamenti, o quelli degli altri membri della famiglia. I bambini hanno quella che Maria Montessori definiva una “mente assorbente“, e imitano ciò che vedono intorno a sé. Non hanno la capacità di distinguere comportamenti buoni o “cattivi” e li replicano, a modo loro, indiscriminatamente. Nessun insegnante di yoga potrà “disinstallare” un file che è stato “installato” in famiglia.

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