Vorrei Assomigliare… a Maria #talktotourdaughter

Maria

La scorsa settimana vi ho parlato di Maria Montessori. Oggi voglio parlarvi di un’altra donna. Un’altra Maria. Una donna che non ha conquistato la fama né la gloria, una persona umile che, quando le ho chiesto se potevo parlare di lei qui sul blog, si è domandata cosa mai ci potesse essere da scrivere.

Maria, qui in una foto di qualche anno fa, è mamma (è la mamma di Anna), nonna, e agente di polizia penitenziaria. L’ho conosciuta a Foggia in occasione dei Laboratori dal Basso a cui ho partecipato a novembre. Quando mi ha detto che mestiere faceva la mia reazione è stata:

«Accidenti, deve essere un lavoro duro».

«È un lavoro come un altro» ha risposto lei.

«Beh, non in tutti i mestieri ci si trova confrontati a certe situazioni e a un certo tipo di persone»

«Bisogna sempre cercare il bambino, negli occhi di ciascuno»

Le sue parole mi hanno fatto pensare a quelle usate da Gandhi nel commentare la Bhagvad Gita*:

«Se vogliamo trattare con profitto anche la persona più malvagia, dovremo ritenere a priori che essa non ha intenzioni cattive. È cosa certissima che, in qualche lato nascosto del suo cuore, nutre dei buoni sentimenti».

Sono giuste e sagge le parole di Gandhi, e ciascuno di noi sarà senz’altro pronto a sottoscriverle. Applicarle poi nella vita di tutti i giorni è un’altra storia. È la storia di persone come Maria.

Secondo lei le persone insofferenti, persino quelle aggressive, sono semplicemente quelle il cui bambino interiore (cioè il bambino che un tempo sono state) ha un disperato bisogno di amore e di comprensione. Suppongo che la vita in un carcere non sia tutta rose e fiori. Immagino che ci siano episodi sgradevoli e che non sempre le persone che vi sono recluse si rivolgano al personale con tatto e delicatezza. Ho sempre creduto che lavorare in un contesto simile creasse una sorta di “corazza” di indifferenza, se non addirittura una vera e propria avversione nei confronti del genere umano. Maria invece  parla delle detenute con cui lavora come se parlasse dei propri figli, e per loro ha solo parole di compassione e di comprensione.

“Ogni uomo raggiunge la perfezione

consacrandosi interamente al compimento del proprio dovere”.

Ciascuno – dice sri Krishna (sempre nella Gita*) dovrebbe dedicarsi al compito che gli è toccato in sorte. Nessuno è più nobile degli altri perché di tutti c’è bisogno. Ma se è facile svolgere con passione e dedizione un lavoro che ci piace e che abbiamo scelto, diverso è il nostro atteggiamento verso un compito che svolgiamo per semplice necessità.  Maria si è trovata a lavorare nella polizia penitenziaria per puro caso. Non era quello il suo obiettivo, quando ha deciso di entrare nella polizia. Eppure ha accettato questo compito e lo svolge con entusiasmo da tanti anni. Un mestiere duro, un ruolo che – dal di fuori – può essere visto addirittura come quello del “cattivo”. Lei invece è lì per portare un sorriso e una parola di conforto a persone che ne hanno un disperato bisogno. Per accompagnarle e sostenerle, senza giudicarle in alcun modo.

Quanti di noi ne sarebbero capaci? Dove sta la gratificazione personale nello svolgere un lavoro simile? La signora Maria mi correggerà se sbaglio, ma non credo ce ne sia. Lo si può svolgere solo per cieca rassegnazione o per sincero altruismo.

«È nella natura dell’uomo fare il Bene, poiché ogni essere è un’unità con gli altri. Essendo così, la divisione apparente tra i diversi sé non ha alcuna importanza. Quando si comprende questo, l’ego dell’uomo si dissolve […] colui che ha compreso questo non si vedrà diverso dagli altri, ma vedrà tutti entro se stesso. Perciò, per una persona così, compiere il Bene diventa la sua stessa natura. Quando sembra che stia servendo le altre creature, lo sta facendo non per gentilezza verso di loro, ma solo per seguire la sua propria natura*».

Non per gentilezza verso di loro ma solo per seguire la sua propria natura.

Se Maria non capisce cosa diavolo io possa voler scrivere su di lei è semplicemente perché non ha l’impressione di fare qualcosa di straordinario. Sta solo seguendo quella che è la sua natura.

Fatto sta che, se ci fossero in giro più donne come lei, il mondo sarebbe senz’altro un posto migliore.

***

*Gandhi commenta la Bhagvad Gita – Edizioni Mediterranee, 1988

La Bhagvad Gita (Canto del Divino) è un poema epico del III secolo A.C. Considerato un testo sacro dai fedeli dell’induismo, racchiude insegnamenti di etica pura, indipendenti da qualunque fede religiosa.

 

Questo post fa parte della serie #talktoyourdaughter, ideata per fornire alle nostre figlie modelli sani a cui ispirarsi. Per maggiori informazioni leggete qui.