Un Progetto a Lungo Termine

“Se ti rivolgi ai bambini, che sono il futuro già nel presente, e li spingi, li educhi, li porti alla creatività, può darsi che tra mille anni la vita sia diversa”. (Bruno Munari – “Un progetto a lungo termine”)

Vediamo… dove eravamo rimasti? Ah sì, qui.

Aspettando che la mia classe venisse inaugurata (a gennaio o a settembre) stavo dando una mano qua e là in base alle necessità della scuola.  Ed ecco che l’universo si diverte a farmi un altro scherzetto. Ebbene sì, perché se è vero che “bisogna stare attenti a quello che si chiede all’universo”, perché potrebbe realizzarsi, bisogna stare anche attenti a quello che non si vuole. In molti sostengono infatti che l’universo non se ne intenda molto di sì e di no, e che quando vede formulata una frase si adoperi per realizzarla.

Ecco… forse ho detto troppe volte a mia cugina, insegnante in una scuola media, “Io con quella fascia di età, MAI”.

Ed ecco che la direttrice mi propone due laboratori a settimana, proprio con i 12-15 (vi ricordo che nelle scuole Montessori le classi sono di età miste che raggruppano più fasce di età).

Il libro di William Ury su come dire no consigliato da Gloria dopo che mi hanno “affibbiato” il corso di teatro con i 6-12 anni al lunedì pomeriggio è lì sul mio comodino. Forse avrei dovuto iniziare a leggerlo subito, invece di voler terminare prima “L’art de la simplicité“, che avevo già iniziato.

Devo dire la verità. Ho accettato peché non ho saputo dire no. E ho iniziato con una grande apprensione. Non ho nessuna esperienza con ragazzi di quell’età e quando ne vedo in giro in genere il mio pensiero è “oddio, i miei figli diventeranno così?”.

Ma ancora una volta i ragazzi mi hanno conquistata, mostrandomi spontaneamente quello che c’è dietro il guscio che si costruiscono per fare i “grandi”.  Quando mi chiedono di restare a pranzo con loro dopo la lezione, quando mi salutano al lunedì dicendomi “Ma dai, adesso dobbiamo aspettare fino a venerdì?” mi si stringe il cuore.

La direttrice mi ha dato praticamente carta bianca. Unico obiettivo: “fare in modo che i ragazzi si sentano bene e che acquisiscano maggiore fiducia in sé”.

Dopo aver discusso con i diretti interessati, abbiamo deciso di dedicarci all’espressione artistica e alla fotografia. La più grande soddisfazione è stata vedere i due soggetti un po’ “difficili”, quelli che temevo maggiormente, entusiasmarsi di fronte alle mie proposte e lavorare con passione. Uno di loro, che il primo giorno diceva di non sapere cosa avrebbe fatto da grande, mi ha persino detto “Ho deciso: voglio fare il fotografo”.

Come non detto, quindi. A mia cugina (e anche a voi) ora chiederò invece consigli su testi utili per lavorare con i “miei” ragazzi.