Come parlare ai nostri figli degli eventi tragici
In quanto genitori vorremmo poter proteggere i nostri figli da ogni fonte di sofferenza. Di fronte ai fatti di cronaca spesso ci sentiamo impotenti e non sappiamo se sia meglio parlarne oppure no e, nel caso decidiamo di parlarne, come fare.
Secondo Giulio Cesare Giacobbe, psicologo e autore di successo, le paure immaginarie sono tipiche dei bambini. Per paure immaginarie non si intende esclusivamente paure impossibili come la paura di attacchi alieni o di mostri che vivono sotto il materasso, ma ogni paura relativa ad una situazione che non è – in quel momento – reale per il soggetto in questione. La paura che il tuo aereo precipiti, per quanto non completamente infondata, è una paura immaginaria nel momento in cui stai prenotando il volo o anche solo durante il viaggio, se tutto procede per il meglio.
La paura della guerra o degli attentati, durante la nostra (relativamente) tranquilla vita di tutti i giorni è una paura immaginaria. Il problema delle paure immaginarie è che provocano nel corpo e nella mente tensioni che non possiamo evacuare correttamente, e che si accumulano causando stress cronico.
Di fronte agli eventi tragici che sono ormai all’ordine del giorno, ci capita di essere vittime di queste paure immaginarie e di essere a disagio di fronte alle domande dei nostri bambini. Come dicevamo sopra, per loro le paure immaginarie sono normali.
È normale che un bambino abbia questi stati d’animo.
È un bambino.
Non è in grado di sopravvivere.
E quindi ha paura di tutto.
G. C. Giacobbe – “La paura è una sega mentale“
Noi invece siamo adulti e, in quanto tali, dovremmo avere solo paure reali. «Che sono sanissime. Se no alla prima tigre che incontri ci lasci la pelle», scrive Giacobbe.
Il primo sforzo che dovremmo fare, quindi, per rassicurare i nostri figli, è uscire dalla nevrosi e renderci conto che, qui e ora, in casa nostra, tutto va bene. Non è questione di egoismo. Qui si tratta di sopravvivenza. Si tratta di proteggersi e di proteggere i propri figli da uno stato psicologico di stampo nevrotico.
Questo non ci impedisce di provare empatia nei confronti di chi è stato colpito da terremoti, attentati e altre catastrofi varie né di attivarci per essere d’aiuto a queste persone. Ma cedere al panico non aiuta nessuno. Immagina un vigile del fuoco che ha un attacco di panico di fronte allo scenario di una catastrofe nella quale dovrebbe intervenire: non solo non sarà utile ma sarà addirittura d’intralcio. Il primo passo è quindi constatare che qui e ora, noi stiamo bene.
Una volta constatato che, almeno per il momento, siamo al sicuro, siamo pronti per affrontare i dubbi dei nostri bambini. E, soprattutto, siamo credibili e rassicuranti nel nostro ruolo di genitori.
Quando mio figlio Leonardo aveva un anno, durante una festa sono improvvisamente esplosi dei fuochi d’artificio. Lui si è spaventato e ha iniziato a piangere. Io sono entrata in panico e sono corsa via, portandolo al riparo. Lui ha pianto a lungo e per anni ha avuto paura dei rumori improvvisi. Un palloncino scoppiato lo mandava in crisi.
Quel giorno ho avuto una reazione istintiva ma non posso fare a meno di pensare che se l’avessi abbracciato e gli avessi sussurrato con calma che andava tutto bene, portandolo via tranquillamente e spiegandogli cosa stava succedendo, non gli avrei evitato la paura (reale) sul momento ma avrei potuto impedire che rimanesse traumatizzato. Il mio panico ha amplificato il suo, peggiorando le cose. Sapendo benissimo che non correvamo alcun rischio, avrei dovuto mantenere il mio sangue freddo e rassicurare anche lui. Questa lezione mi è stata utile negli anni successivi, sia con lui che con le sue sorelle.
Di fronte alle paure immaginarie dei nostri figli, il nostro comportamento è fondamentale. Se noi siamo sereni e fiduciosi riusciremo a rassicurarli davvero. In caso contrario avremo difficoltà a nascondere il nostro turbamento e saremo meno credibili ai loro occhi.
Possiamo promettere ai nostri figli che andrà tutto bene?
Leggendo questo post mi ha colpito la domanda: posso promettere a mio figlio che andrà tutto bene? È una promessa che io faccio spesso anche se so che molti degli avvenimenti che ci aspettano sono completamente fuori dal mio controllo. Dire «Andrà tutto bene» è una bugia? Forse dovremmo sostituire questa frase o altre simili con qualcosa del tipo «Sono qui con te?», «Qualsiasi cosa accada puoi contare su di me?».
Cosa ne pensi? In che modo affronti le tue paure immaginarie e quelle dei tuoi figli?