Otto Frasi per Comunicare Meglio in Famiglia
Nei giorni scorsi Priscilla, una lettrice affezionata di questo blog, mi ha chiesto di aiutarla a tradurre una lista di consigli trovata su questa pagina facebook, tratta dal libro “Liberated parents, liberated children” di Adele Faber ed Elaine Mazlish. Non ho letto questo libro ma ne ho letti altri due delle stesse autrici (“How to talk so kids wil listen and listen so kids will talk” e “Siblings without rivalry“), due libri dal tono un po’ tecnico per i miei gusti ma senz’altro pieni di buoni consigli.
La lista in questione contiene una serie di frasi “sbagliate” che utilizziamo nella vita di tutti i giorni con i nostri figli, e suggerisce altrettante alternative per dire (più o meno) la stessa cosa in modo positivo. Eccola di seguito:
- Quando il bambino piange perché si è fatto male, invece di “Smetti di piangere, non è niente”, “Immagino che faccia male“. È facile minimizzare i problemi altrui, ma non ci piace che gli altri lo facciano con i nostri. Perché non mostrare, invece, un po’ di empatia?
- In caso di piccoli incidenti. Invece di “Guarda cosa hai combinato!”, “Il latte è rovesciato, ci vuole una spugna“. Il bambino che ha combinato un guaio è già a disagio senza che infieriamo su di lui. Spieghiamogli invece, in modo semplice e diretto, come risolvere il problema.
- In caso di comportamenti indesiderati, invece di “Ora sarai punito. Niente più pennarelli”, “I muri non sono fatti per scrivere. I fogli sono fatti per scrivere“. Beh, l’unica volta che i miei figli hanno scritto sul muro… sono scoppiata a ridere! Quindi mi sa che non faccio testo ;-).
- In caso di disordine, invece di: “Perché non rimetti mai a posto le cose?”, “Potresti, per favore, rimettere il succo in frigorifero?“. “Metti a posto” è una richiesta troppo vaga per il bambino, che spesso non reagisce come vorremmo proprio perché non ne è capace. Aiutiamolo dicendogli esattamente che cosa ci aspettiamo da lui.
- In caso di comportamento poco adeguato, invece di “Stai facendo un capriccio per niente! Lo sai che la zia ti vuole bene!”, “Non ti piace quando la zia ti pizzica le guance, vero?“. Anche in questo caso, un po’ di empatia non guasta mai. Poi bisogna dire due paroline alla zia…
- In caso di lamentele: “Ma cosa dici, non fa caldo… si sta benissimo!”, “Davvero, hai caldo?“. Non siamo tutti uguali, e una persona può avere caldo mentre un’altra ha freddo. Nessuna delle due ha torto o ragione. Impariamo ad accettare anche le opinioni degli altri.
- In caso di disattenzione, invece di “Ma perché non chiudete mai quella benedetta porta?”, “Bambini, la porta è aperta“. Io direi addirittura “Chiudete la porta”. Sono una ferma sostenitrice della comunicazione ESPLICITA E DIRETTA, per evitare il rischio di malintesi. L’esempio della porta è molto “terra terra” ma troppo spesso le relazioni si incrinano perché l’altro non ci ha dato ciò che volevamo. E che non gli abbiamo mai chiesto direttamente.
- In caso di litigio tra fratelli, invece di “Non mi interessa chi ha iniziato!”, “Siete davvero arrabbiati, eh? Perché non scrivete quello che è successo?” Questa è una tecnica che ho utilizzato e che funziona. Lascia il tempo di sbollire e permette a ciascuno di esprimersi senza alzare la voce o – peggio ancora – venire alle mani.
Cosa ve ne pare? Avete letto questo libro?