In Islanda con Chiara
Da anni sono iscritta su un sito di scambio di casa ma da quando è scoppiata la crisi del Covid ho perso l’abitudine di consultarlo. Poi, la scorsa estate, mi è arrivata la richiesta di Làra per uno scambio in Islanda a fine luglio. Io non amo il freddo e di solito prediligo le destinazioni calde. Ma volendo visitare l’Islanda, che comunque sapevo essere bellissima, quale momento migliore? Così ho deciso di accettare. Oltre alla casa, abbiamo concordato di scambiarci anche le macchine.
Purtroppo (o per fortuna!) Leonardo, che ora ha 19 anni, e Gloria (18 ad aprile) nei mesi estivi lavorano. Sono quindi partita da sola con Chiara e, come ogni volta che ho avuto l’opportunità di condividere un viaggio con uno solo dei miei figli, è stato davvero bellissimo. Adoro quando siamo tutti insieme, ma mi piace molto anche essere in “tête à tête” con ciascuno di loro.
Sia all’andata che al ritorno, gli orari dei nostri voli e di quelli di Làra e della sua famiglia combaciavano (ho poi scoperto che loro prendevano ogni volta l’aereo da cui noi eravamo appena scese). Ci siamo quindi incontrati all’aeroporto di Reykjavik per fare brevemente conoscenza e scambiarci le chiavi.
Vi risparmio il racconto dettagliato del volo Nizza/Copenhagen che aveva tre ore di ritardo, del fatto che avevamo già perso la coincidenza ma il pilota, vedendoci agitare e giungere le mani in segno di supplica dal vetro del gate ha fatto riportare indietro la scaletta permettendoci di salire ad imbarco già chiuso, né delle valigie che ovviamente “non ce l’hanno fatta”, ma che ci sono state recapitate prontamente la mattina dopo. Però la morale è questa:
- Spazzolino e biancheria intima sempre nel bagaglio a mano, giacca sotto braccio se si va in paesi freddi
- Prevedere un piano B per lo scambio delle chiavi
Uscite dall’aeroporto, il cielo sembrava più grande. L’orizzonte più lontano. E poi mi sono subito innamorata delle strade islandesi, perfette, dritte e sgombre. E che dire dei paesaggi? Guardi alla tua destra e ti sembra di stare nel deserto. A sinistra su un altro pianeta, tutto nero. Poco più avanti ti immergi nel verde. Montagne, cascate, distese rocciose. E poi il mare. E niente alberi. Incredibile.
La casa di Làra si trova in un quartiere tranquillo non lontano dal vecchio porto di Reykjavik. Ci siamo entrate con il rispetto e la soggezione che sempre accompagna l’ingresso in casa delle persone che decidono di aprirci la propria casa. È incredibile quante cose si possano indovinare di una persona, o di una famiglia, osservandone la casa. Di Làra ho capito che avevamo moltissimo in comune. La prima che mi è saltata all’occhio è l’amore per le piante.
Quando le ho viste, ho tirato un sospiro di sollievo, certa che le mie non sarebbero state trascurate.
La casa era molto bella e accogliente, e ci siamo trovate subito a nostro agio.
La mattina dopo abbiamo iniziato la giornata con un brunch al porto, poi siamo andate a spasso per le strade di Reykjavik: città vivace, colorata… e meno fredda di quanto mi aspettassi!
Nelle settimane precedenti, infatti, avevo tenuto d’occhio il meteo e, con mia grande disperazione, vedevo pioggia tutti i giorni. Làra mi ha assicurato che non era quello il tempo abituale in agosto, ma la cosa non mi consolava granché. Le temperature si aggiravano intorno ai 12 gradi e io, previdente, avevo preso i giacconi invernali. Alla fine, durante il nostro soggiorno, ha piovuto un po’ ma niente di drammatico, e stavamo bene con addosso un maglione. Avevamo però sempre con noi le giacche pesanti, che abbiamo indossato quando c’era vento, perché quello era freddo davvero. Insomma, una bella sorpresa!
In fondo a questa strada colorata nel centro di Reykjavik c’è la chiesa luterana Hallgrímskirkja. Davanti alla chiesa la statua di Leifur Eiriksson, esploratore vichingo che scoprì l’America ben prima di Colombo.
Per le strade di Reykjavik, nelle vetrine come addosso alle persone, ho subito notato il lopapeysa, il tipico maglione islandese. Sono andata al negozio della Handknitting Association of Iceland per comprarne uno, e lì ho scoperto i loro filati Alafosslopi e Lettlopi. Sono fibre un po’ ruvide che ho sempre evitato come la peste e che invece, non essendo trattate, conservano tutte le qualità naturali della lana e sono caldissime.
Oltre al maglione, quindi, ho fatto scorta di filati e pochi giorni fa ho terminato il mio primo maglione in stile islandese.
Nei giorni successivi abbiamo visitato una parte di quello che viene chiamato il Golden Circle, un itinerario tipico intorno alla capitale. La settimana è volata e c’erano ancora un sacco di cose che avremmo voluto vedere! L’Islanda è una meta ideale per chi ama stare in mezzo alla natura. Con il senno di poi, il viaggio ideale sarebbe stato di 2-3 settimane e in van (o fuoristrada con la tenda da tetto, se si vuole andare proprio dappertutto), facendo il giro completo dell’isola. Oppure d’inverno (in una casa ben riscaldata però!) per vedere l’aurora boreale. D’estate infatti il sole non tramonta, o lo fa solo per poche ore.
È stato comunque un graditissimo “assaggio”, un’angolo di mondo che vale senz’altro la pena di visitare!
Tra i numerosi musei di Reykjavik abbiamo visitato il Saga Museum, dedicato prevalentemente ai vichinghi, primi coloni dell’isola, la Settlement Exhibition, costruita intorno ai resti di una casa vichinga, il National Museum of Iceland e il Reykjavik Art Museum. Chiara si è però rifiutata di visitare l’Icelandic Phallogical Museum, che espone oltre 200 esemplari di peni della fauna terrestre e marina d’Islanda, da quello minuscolo del criceto a quello, lungo un metro e ottanta, della balena!