Homeschooling e socializzazione
Guest post di Barbara Lamhita Motolese (Genitori Channel).
“Se non vai a scuola rimarrai asino”
“Se non vai a scuola vengono i carabinieri a prenderti”
“Devi andare a scuola se vuoi imparare qualcosa”
…
Queste sono solo alcune delle frasi che i nostri genitori e nonni ci dicevano per convincerci ad alzarci tutte le mattine, caricarci la cartella in spalle e avviarci a scuola.
Eppure non andare a scuola in Italia è possibile, è legale ed è una scelta che fanno circa 1500 famiglie ogni anno, si chiama istruzione parentale o se vogliamo usare un termine internazionale “homeschooling”.
Anche noi, arrivati alla scelta di dove mandare la nostra prima figlia a scuola abbiamo valutato varie possibilità e abbiamo scelto questa strada poco battuta che sentivamo più vicina al nostro modo di essere genitori. L’anno successivo abbiamo ritirato dall’asilo anche il fratellino e per 5 anni ci siamo immersi in questo nuovo, entusiasmante e a tratti estenuante modo di imparare insieme.
Ma come si fa a iniziare?
Iniziare è molto facile, è sufficiente inviare una comunicazione all’autorità competente (di solito il Sindaco e il Dirigente Scolastico) in cui dichiarate che farete istruzione parentale.
Nella guida completa all’homeschooling in Italia che ho appena pubblicato su GenitoriChannel.it trovate tutti i riferimenti normativi e le lettere di esempio da cui prendere spunto per inviare la dichiarazione.
Se iniziare a fare homeschooling è stato semplice, non sempre lo è stata la quotidianità, abbiamo dovuto organizzare tutta la nostra vita familiare e lavorativa sapendo di dover essere disponibili quasi sempre per i bambini ma soprattutto abbiamo dovuto rivedere molte delle nostre convinzioni personali.
Eravamo infatti intrisi da quel preconcetto secondo cui si impara solo a scuola e sui libri ma abbiamo scoperto che gli insegnamenti più importanti i nostri figli li hanno avuti dalla vita stessa, abbiamo scoperto che si può imparare per esempio a leggere, a scrivere e a far di conto in milioni di modi diversi: cantando, saltando, giocando, passeggiando, viaggiando, usando il computer o andando in biblioteca, solo per farvi qualche esempio
Ma non è importante la socializzazione?
In questi anni una delle cose che mi stupiva di più è che le domande principali che ci venivano poste non erano tanto quelle sulla didattica e sull’apprendimento ma quelle sulla socializzazione.
Secondo wikipedia: “La socializzazione è un processo di apprendimento che porta i minori, inseriti in un determinato contesto sociale e culturale del quale assimilano le norme sociali e condividono il linguaggio e il riferimento ai valori, a preferire specifici codici di comportamento, modalità alimentari, interpretazioni della realtà sociale.”
La socializzazione è quindi un processo che inizia alla nascita e prosegue per tutta la vita. Le basi di questo processo vengono poste proprio dai genitori nei primi anni di vita.
Socializzare significa entrare in relazione
Socializzare quindi non significa solo “stare in mezzo ai coetanei” e questo concetto ci diventa ovvio quando vediamo dei bambini che, pur se “socializzati” molto presto non riescono a entrare in una relazione sana con gli altri bambini.
Sapersi relazionare in modo sano e funzionale è una vera e propria competenza che si inizia ad apprendere proprio dalle figure genitoriali.
Questo è un primo importante punto da tenere presente, portato all’attenzione già da John Bowlby con i suoi studi sull’attaccamento.
Troppo spesso oggi tendiamo a socializzare precocemente i bambini con gli asili nido ed i baby-parking, strutture sicuramente utili per i genitori che lavorano ma che non incontrano il bisogno profondo dei bambino di avere una figura importante a cui potersi “attaccare” nei suoi primi anni di vita.
Dal modo in cui i genitori e in particolare la figura adulta di riferimento, ovvero la mamma nella maggior parte dei casi, si comporta con il bambino, questi si fa un’idea di sé stesso e del mondo che lo circonda, apprende i valori importanti del rispetto e sviluppa l’empatia, la capacità di “sentire” i bisogni degli altri.
La socializzazione nell’età scolare e durante l’adolescenza
Quando i genitori sono presenti ai bisogni del loro bambino nei primi anni (Bowlby lo definisce “attaccamento sicuro”), il bambino è naturalmente portato a rivolgersi all’esterno della famiglia e stringere relazioni con i coetanei che divengono sempre più importanti fino ad arrivare in adolescenza a vivere autonomamente le sue amicizie.
L’attaccamento alle figure genitoriali però rimane di importanza cruciale per evitare quell’orientamento ai coetanei di cui parlano Gordon Neufeld e Gabor Matè nel loro libro “I vostri figli hanno bisogno di voi”.
Nel libro vengono infatti analizzate le principali disfunzioni sociali dei ragazzi di oggi e viene indicato come rimedio principale una connessione più profonda con i genitori, i quali sono invitati, specialmente durante l’adolescenza, a ”corteggiare” i propri figli creando specifici momenti in cui stare con loro.
Scuola a casa non significa non uscire mai di casa
Ritornando quindi alla famosa domanda sulla socializzazione che viene posta a tutti gli homeschooler, possiamo dire che la socializzazione in primis si impara in famiglia.
Ovviamente la vita di un bambino in età scolare non può essere completa senza una rete di relazioni, amicizie e attività al di fuori della famiglia.
Quando non c’è la scuola quindi ci sono molte altre possibilità poiché un falso mito che vorrei sfatare è che homeschooling non significa barricarsi dentro casa e non vedere mai nessuno. Al contrario, potendo disporre di molto tempo, la vita di un bambino homeschooler è in media molto movimentata.
Il problema semmai è che gli altri bambini o sono a scuola a studiare (seduti da soli ad un banco se escludiamo l’intervallo) o sono a casa a fare i compiti.
Vi sono però molti gruppi locali di homeschooler che si incontrano ogni settimana o più volte alla settimana per fare attività insieme, visitare le mostre e i musei, organizzare un laboratorio o anche solo fare una passeggiata e andare al parco giochi.
Nella guida all’homeschooling ho inserito gli eventi nazionali più importanti e i gruppi più attivi in Italia perché fare rete è una delle cose fondamentali per confrontarsi e supportarsi a vicenda.
Altre attività che spesso fanno i bambini che non vanno a scuola e che sono ottime occasioni per conoscere e frequentare altri bambini sono i laboratori nei musei e nelle biblioteche, i corsi di musica, i corsi sportivi, gli scout, gli oratori, le feste di quartiere e di paese e, nei pochi posti in cui è sopravvissuto, il classico gioco da cortile.
E se gli manca la scuola?
L’homeschooling è una scelta poco battuta ed è normale all’inizio essere pieni di dubbi, la maggior parte dei genitori che mi hanno contattato in questi anni per avere informazioni sulla scuola famigliare era preoccupata che fosse una via a senso unico, mi chiedevano “e se non impara? e se gli manca la scuola? e se non riusciamo a stargli dietro?”
Sono tutti dubbi legittimi ed è di sicuro una scelta da ponderare bene ma ricordatevi che non è una scelta per la vita, può essere una scelta per un anno o per un ciclo di scuola o per tutto il percorso scolastico e potete deciderlo anno per anno sostenendo a giugno l’esame di idoneità per la classe di appartenenza.
La nostra prima figlia quest’anno si è inserita in una prima media classica in un contesto completamente diverso da quello in cui ha imparato negli anni scorsi ma nel giro di qualche mese si è adeguata a ritmi e regole scolastiche, ad un metodo di studio molto diverso da quello che avevamo a casa e si è inserita senza problemi nel gruppo classe dimostrando doti di curiosità, determinazione, rispetto e flessibilità che anche gli insegnanti hanno apprezzato particolarmente.
Ma non è l’unica, la maggior parte degli homeschooler che conosco si sono reinseriti senza problemi nel contesto scolastico quando ne hanno sentito il bisogno o quando vi è stata questa necessità a livello organizzativo. .
Se vi siete incuriositi o avete bisogno di ulteriori informazioni sull’homeschooling in Italia leggete la guida alla scuola famigliare che ho scritto, ho cercato di condensare tutte le informazioni che ho raccolto in questi anni e l’ho arricchita con interviste e testimonianze.