Guy Winch e il Pronto Soccorso Emotivo

PRONTO SOCCORSO EMOTIVO

Questa immagine, apparsa nei giorni scorsi sulla mia bacheca facebook, mi ha fatto tornare in mente il libro di Guy Winch, “Emotional First Aid” (disonibile anche in italiano, con il titolo di “Pronto intervento emozioni“) e il suo memorabile intervento al TED, che potete vedere qui:

Winch parla del fatto che siamo portati a dare maggiore importanza al corpo rispetto alla mente. Le ferite del corpo hanno dignità di malattie, quelle della mente vengono spesso liquidate come semplici “capricci”:

Sappiamo tutti come prenderci cura della nostra salute fisica e come praticare l’igiene dentale, giusto? Lo sappiamo da quando abbiamo cinque anni. Ma cosa sappiamo sul mantenimento della salute psicologica? Beh, niente. Cosa insegniamo ai nostri bambini sull’igiene emozionale? Niente. Com’è possibile che passiamo più tempo a prenderci cura dei nostri denti che delle nostre menti? Com’è che per noi la salute fisica è così tanto importante rispetto a quella psicologica?

Sappiamo come curare una ferita fisica ma quando subiamo una ferita emotiva tendiamo ad ignorarla. Se ne parliamo ad amici e familiari, veniamo esortati a “darci una mossa”, cosa che nessuno si sognerebbe di dire a chi ha una gamba rotta. Anche le ferite emotive necessitano di cure.

Winch parla di come si sentisse solo quando è partito per studiare a New York, separandosi per la prima volta dal suo fratello gemello, e di come la solitudine sia un concetto assolutamente soggettivo. Ci si può sentire in pace essendo soli in una grotta sull’Himalaya, e ci si può sentir soli in mezzo alla gente a New York. Ma provate a dire che vi sentite soli quando avete un marito (o una moglie) e dei figli. Molto probabilmente vi rideranno in faccia. Eppure il vostro senso di solitudine è reale, e terribilmente doloroso. La solitudine, così come altre ferite emotive, distorce le nostre percezioni e ci confonde – sottolinea Winch. Vorrei aggiungere che crea un circolo vizioso: più gli altri minimizzano il nostro stato psicologico, più ci sentiamo soli e, per reazione, ci allontaniamo ulteriormente dalle persone che non riescono a comprenderci.

Ma come si cura una ferita emotiva? Innanzitutto identificandola come tale. Se non vi rendeste conto di esservi tagliati non vi verrebbe in mente di disinfettare la piaga e di metterci un cerotto. Se non vi rendete conto di essere feriti psicologicamente – o se, come spesso accade, non volete accettarlo,  magari perché voi stessi considerate queste cose come semplici “capricci”, non sarete in grado di intervenire, trovando una soluzione o rivolgendovi a qualcuno che possa aiutarvi.

Non solo solitudine, quindi, ma anche altre ferite, come il fallimento. Nel suo intervento al TED, Winch racconta una storiella che me ne fa venire in mente un’altra, ascoltata durante il corso di meditazione Vipassana:

Siamo in India, in un contesto rurale. Una mamma dà a suo figlio una moneta e una bottiglia vuota, e chiede al ragazzo di andare in paese e farla riempire d’olio. Al ritorno il ragazzo inciampa e rovescia metà della bottiglia. Torna a casa in lacrime, disperato per l’olio perso.

La mamma decide di mandare un altro dei suoi figli, anche lui con una moneta e una bottiglia vuota. Al ritorno anche questo inciampa (ma che ragazzi maldestri! 😉 ) e rovescia metà dell’olio. Torna a casa sorridente: «Guarda mamma, sono inciampato e la bottiglia si è rovesciata, ma sono riuscito a salvare metà dell’olio!»

La storiella potrebbe terminare così ma la lezione che si vuole trasmettere va ancora oltre. La mamma manda quindi un terzo figlio, sempre come una moneta e con una bottiglia vuota. Comprenderete che, ai fini della narrazione, è necessario che anche questo terzo figlio inciampi e rovesci metà dell’olio. Arrivato a casa dice alla mamma: «Sono inciampato e la bottiglia si è rovesciata, ma sono riuscito a salvare metà dell’olio. Ora lavorerò e guadagnerò il necessario per poter ripagare l’olio rovesciato». Il ragazzo si dà da fare e, prima di sera, ricompra mezza bottiglia d’olio, per ripagare il danno involontariamente arrecato.

L’atteggiamento fa una grande differenza: il primo ragazzo ha un atteggiamento pessimistico, il secondo la prende con ottimismo. Il terzo non si limita ad essere ottimista ma si assume le proprie responsabilità e lavora per portare comunque a termine il compito che gli è stato assegnato. A quale di questi tre ragazzi vorreste assomigliare? Se la risposta è “al terzo”, preparatevi: ci sarà da lavorare.

Un centinaio di anni fa, la gente cominciò a curare l’igiene personale e le aspettative di vita aumentarono di più del 50 percento nel giro di pochi decenni. Credo che la qualità della nostra vita potrebbe aumentare significativamente se cominciassimo tutti a praticare l’igiene emozionale. Riuscite a immaginare come sarebbe il mondo se tutti fossero psicologicamente più sani? Se ci fosse meno solitudine e meno depressione? Se la gente sapesse come riprendersi da un fallimento? Se si sentisse meglio in se stessa e più forte? Se fosse più felice e più soddisfatta?

Nel suo libro Winch fornisce suggerimenti utili per integrare l’igiene emozionale nelle nostre vite. Personalmente vi consiglio la pratica regolare della meditazione come supporto ma anche come alternativa a qualsiasi libro di crescita personale: da quando ho fatto il corso di Vipassana e ho inserito la meditazione tra le mie priorità quotidiane, di quel genere di libri non ho più alcun bisogno.