Giappone: la Catastrofe Spiegata ai Bambini
(神奈川沖浪裏 – Kanagawa oki nami ura – Fonte: Wikimedia Commons)
Non amo parlare di fatti di cronaca qui sul blog. Sono rari gli argomenti di attualità, seppur toccanti, che ho affrontato su queste pagine. Ho anche scelto di risparmiare ai miei figli le “brutture del mondo”, almeno fino ad un certo punto. Penso che i bambini vadano protetti. Che debbano crescere tranquilli, sereni, convinti che il mondo è un posto bello, un posto sicuro.
C’è chi pensa che saranno irrimediabilmente traumatizzati quando si scontreranno con la “dura realtà”. Io invece conto sulla loro naturale perspicacia per cogliere, poco a poco, gli eventi poco fiabeschi che la vita metterà necessariamente sulla loro strada.
Ma qual è il confine fra proteggere e mentire, fra addolcire e snaturare? Qual è il momento giusto per iniziare ad accompagnare, piano piano, i nostri figli nella “dura realtà”?
A casa nostra non guardiamo il TG. Ci informiamo attraverso i giornali o sul web. Ricordo ancora quando, da bambina, andavo a dormire terrorizzata dopo aver visto immagini di guerra e di morte. Temevo che la guerra arrivasse fin da noi. Temevo i terremoti, i disastri aerei e tutte le catastrofi che vedevo ogni giorno in TV. Mi sono sempre detta che non avrei mai messo i miei figli davanti ad un telegiornale. E così è stato.
Oggi però all’uscita da scuola ho sentito una bambina che parlava del terremoto in Giappone. Ne avevano discusso in classe. Mi sono chiesta se anche nella classe di Leonardo avessero affrontato l’argomento. Mi sono chiesta se la cosa lo avrebbe spaventato. Ho pensato che avrei voluto parlargliene prima io, in modo “soft”. Sempre che esista un modo soft per affrontare questi argomenti.
Ho approfittato di un attimo di tranquillità per prenderlo in disparte e chiedergli se a scuola avessero parlato di ciò che era avvenuto in Giappone. Mi ha detto di no. E, ovviamente, mi ha chiesto cosa fosse successo in Giappone.
Gli ho detto che c’era stato un forte terremoto, che aveva distrutto molte case e molte strade. Gli ho spiegato che i giapponesi sono abituati ai terremoti, che da loro sono molto frequenti. Il mio intento era di sottolineare la differenza tra quel Paese, nel quale i terremoti fanno parte del quotidiano, e il nostro, nel quale vorrei si sentisse al sicuro.
Leonardo mi ha chiesto se un terremoto può avvenire anche in mare. Gli ho spiegato che è proprio quel che è successo in Giappone. Il terremoto ha scosso le acque, che hanno invaso e distrutto molte case. Leonardo mi ha detto che se fosse stato un supereroe avrebbe impedito che questo accadesse. Gli ho spiegato che purtroppo i supereroi non esistono ma che esistono tanti, tantissimi eroi, che stanno aiutando i giapponesi a ritrovare i loro cari dispersi. Gli ho chiesto se pensava che potessimo fare qualcosa anche noi per aiutare le persone colpite da questa tragedia. Mi ha detto che non lo sapeva e io gli ho chiesto di pensarci su. Questa sera abbiamo detto una preghiera ma ci siamo ripromessi di trovare anche un modo più concreto per dare una mano.
Poi Leonardo mi ha chiesto se fosse morto qualcuno. Gli ho risposto che certamente qualcuno sarà morto, ma che i giapponesi sono coraggiosi e ciascuno spera di ritrovare i propri cari sani e salvi.
Poi abbiamo simulato ciò che è accaduto in Giappone con alcuni pezzi di legno ed una bacinella d’acqua. Sul momento non ho pensato a scattare qualche foto comunque abbiamo creato una piccola isola circondata dall’acqua, sulla quale abbiamo posizionato dei pezzetti di legno che rappresentavano le case. Poi abbiamo simulato il sisma che, agitando l’acqua, ha spazzato via i palazzi.
In questo mio primo, maldestro tentativo di accompagnare Leonardo nella “dura realtà” ho cercato di proteggerlo dalle immagini troppo crude (la nostra ricostruzione è senz’altro meno traumatica e più istruttiva). Ho tentato di farlo sentire al sicuro, ricordandogli quanto il Giappone sia diverso e lontano da noi. Ho voluto coltivare in lui la compassione, sottolineando il fatto che le famiglie colpite dal dramma sono mamme, papà e bambini esattamente come noi, ed invitandolo a cercare un modo per aiutarli e sostenerli.
Immagino che siamo in molti, in questi giorni, ad interrogarci sull’eventualità e sul modo di informare i nostri figli dell’accaduto. Ho pensato di condividere la mia esperienza, sperando che possa essere utile a qualcuno.
E voi? Avete affrontato l’argomento con i vostri bambini? E se sì, in che modo?
E ancora… c’è qualcosa che possiamo fare, insieme ai nostri figli, per dare il nostro contributo, per aiutare le persone colpite da questa tragedia?