Dolcissime
Vivendo all’estero sono sempre felice di proporre dei bei film italiani ai miei figli. Quando abbiamo iniziato a guardare “Dolcissime” le ragazze hanno subito riconosciuto Torino: Piazza Vittorio, la Gran Madre, il Monte dei Cappuccini. Vedere la città che conoscono e amano le ha subito incuriosite. La storia ha fatto il resto.
Il film racconta di tre amiche inseparabili, insoddisfatte del proprio corpo in sovrappeso. Mariagrazia, Chiara e Letizia sono vittime di cyberbullismo e, dopo un primo momento in cui vorrebbero semplicemente diventare invisibili, decidono di reagire. A questo punto la trama diventa abbastanza prevedibile ma… in realtà lo sviluppo non è quello che ci si aspetta.
Tutte per una, una per tutte
Non rivincita e competizione ma amicizia, collaborazione, sostegno reciproco. Le ragazze scoprono che la compagna di classe considerata da tutti perfetta, persino dalla mamma di Mariagrazia, per la quale la bella Alice potrebbe essere la figlia ideale, ha complessi e insicurezze quanti ne hanno loro tre.
Non appena le ragazze smettono di focalizzarsi sui loro limiti e si spronano a vicenda sostenendosi reciprocamente, ecco che ciascuna può dare espressione ai propri talenti, ai propri desideri, alla propria personalità.
Ed ecco che il senso di inadeguatezza che prima le limitava si trasforma in energia per spingerle a raggiungere i propri obiettivi.
Accettarsi e migliorarsi
Bullismo, cyberbullismo e body shaming sono tra le piaghe del mondo moderno. Se da un lato c’è chi ci incoraggia ad amarci come siamo, dall’altro c’è chi grida alla promozione di stili di vita scorretti (come quelli che portano all’obesità). Apprezzare i diversi tipi di bellezza non significa promuovere l’obesità. Significa prendere atto del fatto che una persona possa essere considerata bella, affascinante, interessante, nonostante i chili di troppo, l’estrema magrezza, una statura sopra o sotto la media, o altri dettagli che – appunto – non sono che dettagli.
Da bambina ero la più bassa della classe (di tutte le classi che ho frequentato!) e questo mi causava notevoli complessi. Negli spettacoli di danza ero sempre la prima della fila all’ingresso sul palco, e stavo davanti anche durante le coreografie. Questa cosa mi metteva a disagio. Oggi, quando vado a vedere le mie figlie nei vari spettacoli scolastici, mi dispiace sempre quando capitano dietro ad altri bambini, perché non posso vederle e fotografarle come vorrei. E mi accorgo di un vantaggio che mi è stato concesso, e che non ho saputo apprezzare.
Parlando con un’amica australiana, bellissima e molto alta, sono rimasta a bocca aperta quando mi ha raccontato di aver ammirato una sua compagna di classe che era estremamente sicura di sé nonostante fosse alta. “Ammiro le persone che non si vergognano della propria altezza” mi ha detto. Nonostante io sappia benissimo che chiunque non faccia parte della “media” (troppo alta o troppo bassa, troppo grassa o troppo magra, troppo bianca o troppo abbronzata…) deve fare i conti con innumerevoli complessi, non riuscivo a credere che una donna così bella e dal fisico statuario potesse sentirsi a disagio per via della sua statura. ” Se fossi stata meno alta avrei avuto più fiducia in me” mi ha detto. Per me che ho sempre pensato esattamente il contrario, questa frase è stata una rivelazione. Ho capito che le caratteristiche che ci distinguono dagli altri possono essere usate come trampolino o come palla al piede. E che se quando siamo adulte sta a noi prendere in mano (e, se necessario, ribaltare) la situazione, abbiamo la responsabilità di aiutare i nostri figli a vivere la differenza come un punto di forza.
Cosa ne pensi? Fai parte del team delle basse o delle alte? Delle grasse o delle magre? O ti sei sentita invisibile perché stavi nel mezzo?