La nostra storia
Nelle ultime settimane mi sono ritrovata più volte a raccontare la storia di questo blog, e mi è venuta un po’ di nostalgia per ciò che il blog era all’inizio. Mi è venuta voglia di scrivere un post-diario come ai vecchi tempi e di ritracciare questi ultimi… tredici anni!
Ho aperto questo blog nel 2007, mentre mi apprestavo a fare ciò che molti sognano: “mollare tutto” e iniziare una nuova vita. Per me questo consisteva nel lasciare Torino, la città in cui sono nata e cresciuta ma nella quale non mi sono mai sentita “a casa”, e andare a vivere in campagna.
Leonardo aveva quattro anni e Gloria due e mezzo, e volevo crescerli il più possibile a contatto con la natura. Il mio ideale? “La casa nella prateria”.
Diventare mamma era sempre stato uno dei miei più grandi desideri ma si trattava di un’avventura molto più difficile del previsto: le notti insonni e il senso di solitudine mi avevano fortemente provata, e i rapporti con il mio compagno erano estremamente tesi. Ero depressa. Questo nuovo progetto ci ridava un po’ di speranza. E, in effetti, una volta arrivati lì, ci si è spalancato un mondo completamente nuovo. Io mi sentivo perfettamente “a casa”. Credo di non essere mai stata bene come nella nostra prima casetta, che abbiamo lasciato dopo un anno per una più bella e più grande, ma che rimarrà per sempre nel mio cuore come il luogo della mia rinascita.
Nel frattempo avevo scoperto le scuole Steiner e Montessori, e proprio alla Steiner di Ginevra (il nostro nuovo paesino, Cruseilles, era a pochi chilometri dalla frontiera tra Francia e Svizzera) abbiamo iscritto Leonardo e Gloria alla materna. È stata un’esperienza meravigliosa ma anche faticosa, perché c’era comunque un’ora di strada tra casa e scuola, con tanto di passaggio alla frontiera. I bambini andavano a scuola solo al mattino, dopodiché rientravamo a casa, pranzavamo e (no, niente sonnellino… erano sempre i soliti insonni!) uscivamo a passeggiare nel bosco vicino casa. A pochi passi dalla nostra porta d’ingresso iniziava infatti un sentiero attraverso boschi e campi, che terminava con un cancello. Dietro quel cancello, una casetta da sogno, lontana da tutto e tutti. Ogni giorno camminavamo fino alla casetta e sognavamo guardandola attraverso il piccolo cancello di ferro.
Le nostre passeggiate pomeridiane a Cruseilles sono uno dei più bei ricordi della mia vita. Quel luogo sembrava magico, non solo per i bambini ma anche per me: nata e cresciuta in città, ogni nuovo bocciolo, germoglio, per non parlare degli animali che incontravamo lungo il cammino e degli uccelli che sorvolavano le nostre teste, era una meravigliosa sorpresa. I bambini ammiravano estasiati ogni piccolo cambiamento nei prati e nei boschi dietro casa, e potevano restare a lungo a giocare con dei ramoscelli o dentro una pozzanghera. Quella era la vita che avevo sempre sognato. O meglio, era ciò che avevo sempre sognato per quella fase della mia vita, in cui ero mamma di due (ma ne sognavo altri due) bambini piccoli. Avevo studiato, viaggiato e vissuto all’estero, e avrei fatto moltissime altre cose più avanti. Ma in quel momento ero esattamente dove volevo essere.
Un giorno, dietro al cancello di quella splendida casetta, abbiamo trovato ad aspettarci un lama! In seguito abbiamo conosciuto anche il proprietario, Guy, un signore di Ginevra che veniva a stare lì solo durante i mesi primaverili ed estivi. Ci ha invitati a scoprire la sua casa e il suo giardino, e ci ha detto che il cancello non era mai chiuso a chiave: potevamo entrare e andare a vedere i lama (ce n’erano altri!) quando volevamo.
Anche con Jean le cose andavano meglio. Tornava a casa dal lavoro e trovava una moglie e dei figli felici e sorridenti, oltre a pane, pizza, biscotti e altre mille cose fatte in casa. Avevo preso a cuore il mio ruolo di Caroline Ingalls! Eravamo diventati una famiglia perfetta, di quelle da pubblicità. La sera lui andava a giocare a calcio e io, dopo aver messo a letto i bambini, salivo in soffitta, dove avevo creato il mio angolino ufficio/laboratorio e raccontavo le nostre giornate su queste pagine. Non era ancora iniziata la moda dei blog, e a leggermi erano solo amici e parenti. Poi, piano piano, ho iniziato a scoprire altri blog, soprattutto americani. Non c’erano ancora i social network e le conversazioni avvenivano tra i commenti ai post. Per permettere alle mie nuove amiche di oltreoceano di leggere i miei post, ho iniziato a scrivere anche in inglese.
Nel frattempo il mio blog iniziava ad essere conosciuto anche in Italia, nascevano altri blog e altre amicizie virtuali, alcune delle quali sono diventate amicizie reali tuttora molto solide. La popolarità del blog mi ha permesso di farmi notare da alcune case editrici e di realizzare il sogno di pubblicare un libro. O meglio, il primo di una serie di libri.
In questo momento di estrema felicità abbiamo deciso di sposarci e di mettere in cantiere il terzo figlio. Esattamente nove mesi dopo, con la precisione che l’avrebbe in seguito contraddistinta, è arrivata Chiara.
Abbiamo cambiato casa e, nonostante la prima sia rimasta cara al mio cuore, anche questa è stata un luogo estremamente felice e fonte di meraviglia. Siamo infatti entrati nella casa nuova ad ottobre e, arrivata la primavera, in giardino trovavamo ogni giorno mille sorprese. Quando si dice “beata ignoranza”… il fatto di non conoscere gli alberi e le piante che lo popolavano ci ha permesso di meravigliarci nello scoprire fragoline di bosco, mirtilli, ribes, lamponi, ciliegie, prugne, mele, kiwi… e sono certa di dimenticare qualcosa!
Come se non bastasse, ho deciso di creare un orto, che i bambini mi aiutavano a curare. Ancora una continua fonte di stupore e meraviglia. A malincuore abbiamo tolto i bambini dalla scuola Steiner (i tragitti erano troppo faticosi ora che c’era anche la piccola, e la casa nuova era ad Epagny, più vicino ad Annecy che a Ginevra) e sono rimasti per un po’ a casa con me e Chiara.
Anche ad Epagny siamo stati felici, sebbene se alcuni avvenimenti (un incidente di Jean che gli ha impedito di lavorare per tre mesi causandoci grossi problemi economici e alcune tensioni con le nostre rispettive famiglie) ci abbiano messi a dura prova.
Restavamo comunque molto complici. Il mio era ormai tra i mommy blog nel frattempo diventati di moda e ogni tanto ricevevo qualche commento acido: la “famiglia del mulino bianco” non esiste, era sicuramente tutta una montatura. E non era possibile che io facessi tutte quelle cose con i miei figli, avevo sicuramente alle spalle un team completo (tata, donna delle pulizie e chissà che altro). Non ho mai capito quest’ultima critica. In effetti non avevo né l’una ne l’altra ma se ne avessi avuta la possibilità questo non avrebbe fatto di me una mamma peggiore. Anzi, avrei avuto ancora più tempo e più energie… e sicuramente una casa molto più ordinata e pulita! E invece eravamo davvero così. Felici e perfetti. Ma è vero, la famiglia del mulino bianco non esiste, e purtroppo non sarebbe durata per sempre.
Epagny era un paesino delizioso e Annecy, che si trovava a due passi, uno dei luoghi più belli che io abbia mai visto: una cittadina a misura d’uomo che rasenta – secondo i miei standard – la perfezione. Unico neo: il clima. Io sono estremamente freddolosa e trovavo gli inverni troppo rigidi e lunghi. Non che fosse un motivo sufficiente a farmi andare via da lì ma quando Jean ha perso il lavoro, noi che a spostarci eravamo già abituati (sia prima che dopo esserci incontrati) ci siamo chiesti: “Che facciamo?” e ci siamo detti che se volevamo muoverci quello era il momento giusto.
Per motivi climatici, io puntavo verso sud. Sarei volentieri tornata a Nizza, dove avevo vissuto dopo aver finito l’università e dove ci eravamo incontrati. Lui voleva andare a Montpellier, dove aveva vissuto prima di incontrarmi e aveva molti amici. Per me Montpellier era troppo lontana dall’Italia: volevo poter prendere la macchina e andare a Torino da sola con i bambini in caso di necessità. Durante le “trattative” esploravamo la costa tra queste due località in cerca del nostro luogo “ideale”. Essendo ormai abituata alla bellezza di Annecy e delle campagne circostanti, io non trovavo nessun posto all’altezza. Finché non siamo arrivati a Le Plan de la Tour. Qui ho avuto un vero e proprio colpo di fulmine (del resto lo dice anche Johnny Depp, che qui ha una casa nella quale trascorre molto tempo, che è il posto più tranquillo del mondo).
Abbiamo iniziato a girare per agenzie immobiliari e a lasciare curriculum in giro. O meglio, Jean lasciava curriculum perché io avevo visto nel corso degli anni questo blog diventare un vero e proprio lavoro: erano arrivati i primi sponsor, le prime proposte di lavoro come web writer e altri nuovi mestieri del web: erano nati i social network. Non solo: dopo “Giochiamo allo yoga” avevo pubblicato “La mia mamma sta con me – Conciliare famiglia e lavoro grazie a Internet”, dedicato alle mamme che desideravano sfruttare le nuove opportunità del web e lavorare da casa. In seguito avrei scritto parecchi altri libri… e, a proposito, [SPOILER] ce n’è uno nuovo in arrivo!
Ci siamo trasferiti a Le Plan de la Tour il 26 agosto 2010 e con mia grande sorpresa ho scoperto che in questo paesino di tremila anime c’era una scuola Montessori! Sono andata a visitarla ma purtroppo la loro retta era troppo elevata. Ho detto alla direttrice che ero appassionata del metodo Montessori e che mi offrivo di lavorare nella scuola in cambio di uno sconto sulla retta, ma lei non era interessata alla mia proposta.
L’anno dopo, però, la scuola si è ingrandita e la direttrice si è ricordata di me. Ho iniziato a lavorare a tempo pieno nella scuola e a seguire una formazione. In cambio, i miei tre figli frequentavano gratuitamente. È stata un’esperienza meravigliosa finché il maestro che era il caposaldo della struttura non se n’è andato.
La direttrice ha preso il suo posto pur non avendone le competenze, ha perso l’avallo dell’Associazione Montessori Internazionale ma ha continuato a chiamare la sua una scuola “Montessori” (Maria Montessori non ha mai depositato il suo marchio, chiunque può utilizzarlo). Per questo ed altri motivi, abbiamo lasciato la Montessori e siamo tornati alla scuola pubblica, senza rimpianti perché abbiamo avuto la fortuna di incontrare maestri e maestre eccezionali.
Io avevo iniziato a seguire un corso di yoga in paese e poi, non perché volessi insegnare ma perché desideravo approfondire, ho iniziato una formazione per insegnanti di yoga. Al termine dei tre anni di formazione, l’unica insegnante di yoga di Plan de la Tour si è trasferita ad Aix-en-Provence lasciando i suoi allievi “orfani”.
Questi sono quindi venuti a bussare alla mia porta e, di fronte all’incredibilità di quella coincidenza, non ho saputo dire di no. Ricordo ancora il terrore all’inizio della mia prima lezione e la gioia nel constatare l’entusiasmo dei miei nuovi allievi alla fine. Era l’inizio di una nuova esperienza lavorativa che porto ancora avanti, nonostante le mille altre attività.
Nel frattempo io e Jean ci eravamo allontanati. Spesso succede che in una coppia ci si evolva in due direzioni diverse, e per noi è stato così. Per un po’ abbiamo provato a fare finta di niente. Abbiamo condiviso ancora tanti bei momenti e soprattutto alcuni viaggi indimenticabili con i nostri figli, ma nel quotidiano eravamo diventati due estranei.
Dopo una grossa crisi avevo provato a parlare di separazione ma lui mi aveva letteralmente ignorata e io, nuovamente sprofondata nella depressione, non ho avuto il coraggio di insistere. La paura e il senso di colpa erano schiaccianti. Ho deciso così di crederci ancora una volta. Ma ormai era troppo tardi.
Ci ho messo diversi anni per trovare la forza di separarmi, e i due anni successivi al divorzio sono stati un vero inferno. La cosa più devastante è stata la custodia congiunta, o meglio, le settimane trascorse senza i miei figli. Ancora oggi mi si spezza il cuore ogni volta che se ne vanno. Loro però sono stati fantastici. Hanno sofferto, era inevitabile, ma hanno anche capito e hanno affrontato questa dura prova con grande coraggio.
A questo punto la casa era diventata troppo onerosa per me da sola, così ho cercato di venderla ma senza successo, il che mi ha messa estremamente in difficoltà dal punto di vista economico. I rapporti con Jean, all’inizio pacifici, sono presto degenerati, il che ha reso il tutto ancora più insopportabile.
Aggiungiamo la crisi sanitaria del 2020, un tumore (per fortuna rivelatosi benigno ma non auguro nessuno il terrore nell’attesa del responso)… per non parlare dell’aspetto sentimentale.
Subito dopo il divorzio ho incontrato un uomo che mi ha fatto sperare nuovamente nell’amore, ma nel giro di pochi mesi si è rivelato una grossa delusione. Stessa cosa per una vecchia conoscenza tornata alla ribalta dopo aver saputo che mi ero separata.
Ho deciso di mettermi in gioco e mi sono iscritta su Tinder. Ho incontrato alcune belle persone ma nessuna con cui sia scoccata la “scintilla”.
Alla fine ero davvero scoraggiata. Certo, una donna può vivere felicemente da sola, e io sola sono stata spesso senza alcun problema. Ma non adesso. Adesso avevo voglia di amare e di essere amata. Una sera al Bistrot de Marceau, dove vado spesso con le amiche, loro mi rassicuravano: “Arriverà la persona giusta”. Che sciocchezza! Dove sta scritto? Ci sono un sacco di persone che rimangono sole e non per scelta… non c’è una persona giusta per tutti, e potrebbe benissimo non essercene una per me! A questo, purtroppo, credo fermamente.
Ma la vita a volte è proprio strana.
Tre giorni dopo la mia amica Bibi festeggia il suo compleanno, rimandato mille volte per via del lockdown poi delle varie restrizioni. Mi dice che sarà presente un suo amico single e che vuole presentarmelo. Di solito questi incontri combinati sono una fregatura, quindi non ci conto un granché, anche perché l’amico in questione vive lontano e sarebbe troppo complicato. E invece….
E invece con Laurent è stato come se ci “riconoscessimo”, e nonostante la distanza non ci è stato possibile non darci almeno una possibilità. Ed è quello che stiamo facendo. Sarà la vecchiaia, ma non viviamo la distanza con lo struggimento della gioventù. Abbiamo tre figli a testa e delle vite molto piene, e la felicità di esserci trovati è presente anche quando siamo distanti. Per il momento ce la godiamo e basta.
I ragazzi sono ormai grandi… Leonardo ha diciassette anni, Gloria quindici e Chiara ne compirà presto dodici. Con i normalissimi alti e bassi dell’adolescenza, somigliano davvero tanto a ciò che speravo sarebbero diventati, e io sono estremamente fiera di loro.
Leonardo ha una incrollabile forza di volontà. Dopo tanti anni di judo, un anno e mezzo fa ha iniziato a praticare il Calistenics da autodidatta. Questa disciplina ha rinforzato il suo corpo ma soprattutto la sua mente. Il prossimo anno (qui in Francia ci si diploma un anno prima rispetto all’Italia) vorrebbe iscriversi a giurisprudenza.
Gloria, che da zero a tredici anni ha avuto gli sbalzi d’umore tipici dell’adolescenza, con l’adolescenza è diventata estremamente calma e posata. Studia da sola il giapponese, suona la chitarra e adora disegnare. Ha deciso di tagliare la sua chioma bionda e di andare in giro vestita prevalentemente da ragazzo (poi però si arrabbia quando la scambiano per un maschio!). Vuole andare a studiare in Giappone e diventare stilista.
Chiara, con la sua faccia d’angelo, è la persona più determinata che io abbia mai conosciuto. Fin da piccolissima era capace di accettare senza fiatare una “punizione” come conseguenza di un’azione alla quale non era disposta a rinunciare. Il che è fastidiosissimo per un genitore ma sono sempre stata al tempo stesso infastidita e ammirata dalla sua determinazione. Nella vita è molto timida ma quando canta su un palco acquista una sicurezza incredibile. Adora cucinare e da sempre il suo sogno è di avere un ristorante.
Ne abbiamo fatta di strada, insieme. Parlo di me e dei miei figli ma anche di voi che leggete il mio blog, chi dal 2007, chi da pochi giorni. Ora non ci resta che lasciarci alle spalle questo tremendo 2020 e guardare avanti.