Preziosi Istanti in Famiglia
Quando ero adolescente mia mamma costringeva me e mia sorella, ogni settimana, ad andare a far visita a mia nonna. La mia nonna materna era una persona molto religiosa. Aveva avuto una vita molto difficile, viveva sola e aveva problemi di salute. A volte ci faceva recitare il rosario. Altre volte l’accompagnavamo al mercato. Insomma, nonostante l’amassimo molto, queste visite non erano proprio la cosa che attendevamo con ansia per tutta la settimana.
Quando è morto improvvisamente mio zio, suo figlio di appena 44 anni, mia madre non voleva lasciarla da sola. Ma siccome doveva lavorare, è toccato a me andare da mia nonna per tenerle compagnia. Lei non faceva altro che piangere e ripetere «Oh, figlio mio!». Una terribile tortura per me che già soffrivo per la perdita di mio zio e che avevo, contemporaneamente, l’altra nonna in ospedale in fase terminale. Eh sì, perché i guai non vengono mai soli. E, per fortuna, nemmeno le cose buone, quando arrivano.
Quel pomeriggio insieme a mia nonna è stato uno dei momenti più tristi e lunghi della mia vita. Mai come quel giorno avrei voluto essere altrove. Mai come allora avrei voluto che ci fosse uno zio, un cugino, un parente lontano che venisse a tenerle la mano per potermi liberare di quel difficile compito.
Mia nonna è vissuta ancora parecchi anni dopo quell’episodio. Essendo andata a studiare e poi a lavorare all’estero la vedevo molto meno. Ci si ritrovava per le feste: Natale, Pasqua e i compleanni, quando ero in Italia. In quelle occasioni era tutto diverso. Tutta la famiglia era riunita e si rideva molto. Circondata dai suoi figli e nipoti, dimenticava le sue sventure e rideva anche lei.
Per tanti anni ha lottato contro il cancro prima di chiudere gli occhi invocando la sua mamma, morta quando lei era molto piccola. Questa cosa mi ha molto toccata: nonostante tutti quegli anni, nonostante 10 figli e un gran numero di nipoti, nonostante di sua madre non ricordasse nemmeno il volto, se non grazie per le vecchie fotografie che custodiva gelosamente, il legame con la mamma era ancora incredibilmente forte.
Da quando lei non c’è più le riunioni di famiglia si sono fatte sempre più rare. Era lei la colla che ci teneva tutti uniti. Ora che se n’è andata, ringrazio mille volte mia madre per avermi obbligata a farle visita, a tenerle compagnia, a portarle le borse della spesa. Tutti quei compiti che mi parevano ingrati sono oggi ricordi preziosi di una persona che ho amato e amo ancora moltissimo. Sono l’antidoto contro il senso di colpa che certamente oggi proverei se l’avessi lasciata sola.
Ok, non l’ho fatto proprio con il cuore, ma il mio era un cuore d’adolescente, proiettato verso il futuro, verso la vita, verso la gioia. Quanti a quell’età si occupano dei nonni o degli anziani? Sono grata a mia madre per avermi obbligata ad uscire dal mio egoismo e a dedicare un po’ del mio tempo a mia nonna. Sono felice di aver alleviato, seppur in minima parte, la sua solitudine e il suo dolore.
Questa esperienza mi ha insegnato ad apprezzare anche i momenti spiacevoli passati in compagnia delle persone che amo. Un’attesa al pronto soccorso insieme a mia figlia, una coda all’anagrafe insieme a mia madre, la sala d’attesa dell’ufficio imposte insieme a mio marito. Alcune di queste persone, un giorno, non ci saranno più. O forse non ci sarò più io. Che cosa voglio lasciare dietro di me? Il ricordo di una persona che c’era.
Oggi guardo i miei figli e, senza arrivare a proiettarmi in scenari tragici (dai quali purtroppo non siamo al riparo), penso al giorno in cui se ne andranno di casa. Questo rende piacevole anche un semplice tragitto in auto da casa a scuola, anche un pomeriggio a leggere sul divano. Ciascuno per conto suo, ma tutti insieme. Ogni momento, anche il più insignificante, anche il più noioso, persino il più fastidioso, diventa prezioso.
Quando Chiara mi chiama per l’ennesimo bacio della buonanotte, facendomi fare mille volte avanti e indietro per il corridoio. Quando Gloria mi chiede di leggerle ancora una storia o Leo di grattargli la schiena mentre vorrei andare finalmente a stravaccarmi sul divano. Ma so che tra qualche anno questi gesti mi mancheranno. E allora me li godo. Quanto (e forse anche più di) loro.