Corpo e Mente in Sintonia

Questo post nasce da una collaborazione con Activia che mi ha invitata, insieme ad altre blogger, ad esplorare il tema dell’InSync, ovvero della nostra personale ricerca dell’equilibrio. Per saperne di più, puoi seguire il progetto sulla pagina Facebook di Activia.

InSync

Lo sapevi? Il termine Yoga significa “Unione“. Questa parola designa anche il giogo, che serve a tenere uniti i due buoi. Forse a prima vista l’immagine non ti sembrerà molto gioiosa ma pensa un attimo al tuo corpo e alla tua mente.

Immagina di camminare guardando il cellulare, la persona che sta accanto a te, o un aereo che passa sopra la tua testa. Il tuo corpo sta camminando ma la tua mente è concentrata su altro. Probabilmente ti è già capitato e sai bene che le conseguenze possono essere: inciampare, andare addosso a qualcuno o qualcosa, pestare un escremento, eccetera.

Questo succede perché il tuo corpo fa una cosa mentre la tua mente ne fa un’altra. Non sono sintonizzati sulla stessa frequenza. Farli lavorare insieme, InSync, ovvero in sintonia, attaccandoli simbolicamente allo stesso giogo, è il principio cardine dello yoga.

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Anche la tecnica chiamata mindfulness si basa essenzialmente su questo: essere presenti nel qui e ora equivale a mantenere la mente ancorata al corpo. Ma perché è utile farlo?

Innanzitutto per evitare incidenti come quelli menzionati sopra. Ma c’è dell’altro. Il momento presente, il qui e ora, è la tua unica possibilità per fare della tua vita ciò che desideri.

Meglio un rimorso che un rimpianto

Nel suo libro “Vorrei Averlo Fatto” Bronnie Ware, dopo essersi occupata a lungo di malati terminali, ha raccolto i loro rimpianti più comuni:

  • Non aver vissuto la propria vita, adeguandosi invece alle aspettative altrui. Il corpo ci manda segnali chiari quando agiamo per far piacere agli altri sacrificando ciò che desideriamo. Nodo allo stomaco, mal di gola, emicrania sono segnali di allarme che scegliamo di ignorare o, se il legame con il corpo è davvero debole, fatichiamo a riconoscere.
  • Aver lavorato troppo non godendosi i figli e i propri cari in generale. Lavorare troppo perdendosi le tappe più importanti della crescita dei propri figli o della relazione con i propri cari è una conseguenza dell’essere proiettati verso il futuro. Sacrifichiamo il momento presente per un ipotetico futuro che potrebbe anche non arrivare. E in alcuni casi, anche se tutto va come previsto, ci troveremo a rimpiangere tutto quel tempo sprecato.
  • Non aver osato esprimere i propri sentimenti. Anche in questo caso il corpo parla chiaro. I sentimenti traspaiono sul nostro viso ma cerchiamo di nasconderli; il cuore bussa forte ma non gli apriamo. Per paura, per orgoglio o per timidezza rinunciamo a correre un rischio minimo (un eventuale rifiuto è drammatico sul momento ma ci si riprende in fretta) per poi ritrovarci, anni dopo, a chiederci “Come sarebbe andata se…”
  • Aver perso di vista gli amici. Capita. Siamo talmente presi dal nostro tran tran quotidiano da non avere più tempo per frequentare gli amici. Passano i giorni, i mesi, poi gli anni, e non osiamo più chiamare questa o quella persona dopo tanto tempo. Il rimedio? Un piccolo impegno per mantenere vivi i rapporti importanti, o un po’ di coraggio per alzare quella cornetta anche se sono passati vent’anni.
  • Non essere stato più felice. L’errore, in questo caso, è idealizzare la felicità. È un po’ come il principe azzurro: le bambine della nostra generazione sono cresciute con la convinzione che esistesse l’uomo perfetto, quello che si sarebbe occupato di tutto risolvendo ogni problema al loro posto. E molti uomini spesso pagano il prezzo di queste aspettative irrealistiche: paragonati a questi modelli ideali, non sembrano mai all’altezza. Lo stesso vale per la felicità. Aspirare ad una felicità costante è come cercare il principe azzurro. Felicità è lavorare continuamente per una vita migliore e, al tempo stesso, accogliere serenamente ciò che la vita ci offre. Quando ci opponiamo a ciò che è inevitabile, coltiviamo la nostra stessa infelicità.

Tutte queste cose il nostro corpo le sa. Ma noi lo ignoriamo, perché crediamo che la mente sia più nobile. Eppure la mente da sola è come un bue solo attaccato al giogo. Non può che girare in tondo, ritrovandosi sempre al punto di partenza.

Photo credits: mountain elm’s channel on youtube

Così come un albero può diventare grande e forte solo se le radici sono profonde e robuste, la mente può elevarsi a condizione di essere ben ancorata al corpo.

Io sono sempre stata una persona cerebrale. Non ho mai fatto sport, a parte le classiche lezioni di danza da bambina. Ho sempre vissuto principalmente “nella testa”, senza un minimo di radicamento.

Finché non ho scoperto lo yoga. Mi ci sono avvicinata più per la dimensione mentale che per quella fisica, ma mi sono ben presto ritrovata a fare i conti con il mio corpo, a doverlo ascoltare, a riuscire finalmente ad interpretarne i messaggi. Ho imparato ad accettarlo, poi addirittura ad amarlo. Ho imparato a preservarlo e a curarlo, ho scoperto i movimenti che gli facevano bene e quelli che invece avrei dovuto evitare.

Oggi ho quarant’anni e non tornerei indietro per niente al mondo. Perché questa è per me l’età dell’equilibrio, dell’armonia, della serenità.

Sono perfettamente cosciente del fatto che questo equilibrio sia di natura instabile. Siamo come funamboli sulla corda della vita, e ogni passo può riservarci una nuova sorpresa ma anche destabilizzarci completamente. L’importante essere capaci di ritrovare il proprio centro. Questa è la capacità che ci permetterà di rialzarci ogni volta.

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