C’è del Dolce in Danimarca. Un Viaggio in 50 ricette
Oggi vi segnalo un libro intitolato «C’è del dolce in Danimarca. Un viaggio in 50 ricette». Ne parliamo con l’autrice Eva Valvo, traduttrice, mamma di due bambini e residente a Palermo. Eva, che è cresciuta in Italia, è nata da madre danese e padre italiano e ha sempre cercato di vivere in equilibrio tra queste due culture.
Il tuo è un libro di ricette, ma non solo. Puoi dirci di cosa si tratta?
Il libro si intitola, non a caso, “C’è del dolce in Danimarca. Un viaggio in 50 ricette”. Il sottotitolo allude al fatto che le ricette sono un pretesto per raccontare la cultura di quel paese. Ogni ricetta è introdotta da un fatto, un aneddoto o una curiosità che riguarda quel piatto particolare: in questo modo le 50 ricette sono come tante tessere di un mosaico che, messe insieme, offrono un’immagine più ampia. Fin da bambina ho amato “spignattare” e in particolare fare dolci. Per me cucinare è un modo per esprimere la mia creatività, ma anche un valido antistress e un gesto di cura e amore per chi mi sta vicino. Sono cresciuta in Italia da madre danese e padre italiano e ho intuito presto che cucinare pietanze danesi era un ottimo modo per preservare il legame con l’altra mia patria lontana. E questo è forse il messaggio più importante che ho cercato di veicolare tramite il mio libro: che si può “viaggiare” e incontrare culture diverse, più o meno lontane, anche a tavola. Ed è anche molto divertente!
Com’è nata l’idea di scrivere questo libro?
Come molte cose, questo progetto è nato un po’ per caso e un po’ per gioco. Chiacchierando una sera a cena con il direttore delle Edizioni La Zisa di Palermo, che aveva appena inaugurato una collana intitolata “I saperi e i sapori”, che appunto aveva l’intento di raccontare culture diverse a partire dalla tavola. Lì è nata la proposta di scrivere questo libro e ho deciso di cimentarmi nella nuova impresa. Amo molto cucinare e, per via della mia storia personale, ho sempre avuto chiaro in mente il valore culturale del cibo che mangiamo. E sono felice di aver accettato la proposta, perché – scrivendo questo libro – ho imparato tante cose. Per esempio che non dobbiamo mai dare nulla per scontato: anche i piatti che consideriamo la quintessenza della nostra tradizione alimentare in realtà spesso vengono da qualche altra parte, in un passato più o meno lontano. Le tradizioni alimentari, così come le lingue, non sono compartimenti stagni né sono dei blocchi statici, al contrario: evolvono e si trasformano in continuazione, spesso come risultato dell’incontro fra popoli e culture diverse. È una ricchezza che dobbiamo imparare ad apprezzare.
Come vedi il ruolo dei bambini in cucina?
Ho due maschietti, rispettivamente di sei e tre anni e mi è sempre piaciuto averli accanto in cucina. Hanno cominciato a pasticciare con me praticamente da quando hanno imparato a stare seduti sul seggiolone. Credo che coinvolgere i bambini in cucina abbia un impatto positivo su molti fronti (e vale certamente la pena fare lo sforzo di ripulire i disastri che inevitabilmente combineranno nel frattempo!). I bambini imparano di tutto cucinando: sviluppano concetti logico-matematici (misurare, pesare, svolgere determinati compiti in sequenza…), esercitano la motricità fine, apprezzano la cura e il tempo che ci vuole per preparare un pasto, instaurano un rapporto sano con il cibo e si fanno curiosi e disponibili ad assaggiare sapori nuovi… Ma la cosa più importante probabilmente è il tempo che passano insieme a mamma o papà, che è un tempo di cura e amore.
Io sto aspettando la mia copia, e non vedo l’ora di provare queste ricette che mi sembrano perfette per il Natale!