Grimm vs Munari
Non me ne vogliano gli amici steineriani sfegatati, io devo ammetterlo. Ok, vado: non amo
le fiabe dei fratelli Grimm. Né nelle versioni patinate proposte dalla Disney,
né in quelle originali spesso un po’ troppo scarne e crude per i miei
gusti.
Non amo particolarmente il linguaggio che impiegano, non amo particolarmente le trame,
e amo ancor meno molti dei temi e dei modelli che propongono. Dalle madri che,
in quasi tutte le favole, muoiono nel giro di poche pagine, lasciando i propri
figli ancora piccoli al loro destino, a Hansel e Gretel che vengono
abbandonati dal padre (per quanto influenzato dalla matrigna), alle varie
principesse che si sposano nel giro di cinque minuti.
Quella che trovo più irritante di tutte è forse Biancaneve. Biancaneve quella vera, quella
originale, dei fratelli Grimm. I nani la mettono in guardia mille volte contro
la strega, che si presenta ripetutamente sotto mentite spoglie allo scopo di
farla fuori, e lei ci casca ogni volta. Per non parlare del principe che si
innamora di un (presunto)cadavere, e che se lo vuol portare a casa.
Ecco, alle mie figlie femmine io non voglio trasmettere un modello di questo genere. Per me
l’eroina della favola deve essere una sveglia. Meglio ancora, un po’ imbranata
all’inizio, ma che impari dalle sue esperienze a non commettere due (o più)
volte lo stesso errore.
Alle mie figlie non voglio insegnare che basta essere belle perché un principe a cavallo si
innamori di loro e le sposi nel giro di pochi minuti, risolvendo tutti i loro
problemi. Questo genere di modello ha rovinato la vita di molte
trenta-quarantenni che “non riescono a trovare l’uomo giusto”. In realtà non
riescono ad “accontentarsi” di uno che non abbia cavallo, mantello, ciuffo
biondo e servitori a seguito.
Tornando ai poveri Hansel e Gretel, non trovo molto sano raccontare a dei bambini
piccoli che esistono padri capaci di disfarsi dei propri figli. La figura
terribile della matrigna, poi, avrà messo in difficoltà più di una famiglia allargata.
E poi c’è il principe ranocchio: la principessa, bugiarda e opportunista, non mantiene la
parola data ma è premiata ugualmente e sposa il ranocchio trasformato in
principe. Ma come ha fatto lui ad innamorarsi di lei?
Oppure il lupo e i sette capretti. La mamma li lascia soli in casa, sapendo del pericolo che
corrono. Non mi sembra molto rassicurante… Insomma, alle fiabe dei fratelli
Grimm, io preferisco altre storie.
In La bella e la bestia i due si conoscono e si innamorano piano piano, andando oltre
le apparenze.
Il gatto con gli stivali di Perrault riesce, con la sua furbizia, a trasformare il suo povero
padrone in un gran signore. E se è vero che c’è l’inganno, è anche vero che si
tratta di inganno innocuo. Non toglie nulla a nessuno e non fa male a nessuno.
Il tenerissimo Brutto anatroccolo di Andersen può essere di grande aiuto a tutti i bambini in
alcune fasi delicate della loro vita. Un’altra fiaba che noi amiamo molto è Il
pesciolino d’oro di Puskin. Qui il marito devoto si fa in quattro per la
moglie tiranna, che alla fine ha quel che merita.
E Pinocchio? Quello vero, ancora una volta, quello di Collodi. Noi ne abbiamo una
meravigliosa versione illustrata. All’inizio, il burattino è davvero un gran monello (come molti dei nostri
figli) ma le numerose (dis)avventure lo porteranno a diventare un virtuoso e a
meritare la “promozione” a bambino in carne ed ossa.
Ma ancora di più di queste fiabe classiche, noi amiamo due autori contemporanei che non
posso che definire geniali: Gianni Rodari e Bruno Munari. Se il primo è per me
un grande classico, al secondo mi sono avvicinata solo recentemente, seguendo i
consigli di Marta e di un’altra lettrice di questo blog. Mi
vergogno terribilmente di aver dimenticato il suo nome perché i suoi
suggerimenti si sono rivelati incredibilmente preziosi (se mi leggi,
fammi un fischio!).
Le Favole al telefono (di cui parlava, qualche tempo fa, anche mammafelice), nate “dallo
scontro occasionale di due parole, da errori di ortografia, da giochi di
parole…” di Rodari, Cappuccetto verde, giallo e bianco
di Munari, i suoi libri illeggibili e i semplicissimi (al punto di
essere commoventi) Buonanotte a tutti e Mai contenti fanno ormai
parte degli oggetti che salveremmo dalla nostra casa in fiamme.
Questi autori sono davvero sulla nostra lunghezza d’onda. Forse perché più moderni, più
creativi, più positivi. Ci si addicono di più.
“Cappuccetto verde non ha più paura del lupo perché sa che ha tanti amici”. Leonardo e Gloria adorano questa
storia ed io rimango sempre incantata dalle illustrazioni. Cappuccetto bianco è
geniale nella sua semplicità. E i bambini riescono a vedere, nelle sue pagine
bianche, “la cuccia del cane, i cespugli di bosso, la panchina di pietra”.
Gli animali Mai contenti lanciano, in poche pagine, un messaggio forte e
positivo. Tutti i bambini (e anche tanti adulti) possono identificarvisi. E la
luna di Buona notte a tutti, che veglia mentre tutti dormono, rassicura
i piccoli al momento di spegnere la luce.
Detto questo, abbiamo letto molte delle favole dei fratelli Grimm, anche solo per ragioni di cultura
generale. Abbiamo anche guardato, in dvd, le versioni della Disney. Abbiamo
notato le differenze e cercato di comprenderne le ragioni. Abbiamo cantato con
Biancaneve e tremato con cappuccetto rosso.
Ma se, come dicevo, la nostra casa prendesse fuoco, non ci preoccuperemmo certo dei dvd, né della raccolta di fiabe dei fratelli Grimm…