L’audacia di vivere
Due yogi meditavano sulle rive del Narmada. Mentre praticavano le loro rinunce, i loro esercizi spirituali, ecco passare di là dal fiume il dio Brahma. Il primo yogi gli chiede: “Oh Brahma, quando sarò liberato?”, e Brahma gli indica una palma con delle foglie molto grandi: “Vedi, su questa palma tante sono le foglie quante sono le esistenze che devi ancora vivere prima di essere liberato”. E questo yogi è crollato: sei, otto, forse dieci foglie, proprio quando voleva sapere se ne aveva ancora per sei mesi o per due anni al massimo.
L’altro yogi si inchina a sua volta e chiede: “Oh Brahma”, cogliete bene la sfumatura, non pone la domanda esattamente alla stessa maniera, anziché domandare “Quand’è che sarò liberato?”, chiede: “Sarò mai liberato un giorno?”. Brahma gli risponde: “Vedi quest’albero?”. Si tratta di un albero di tulsi molto conosciuto in India e le cui foglie minuscole sono tante quanti sono i capelli sulla testa di un uomo. “Ebbene, vedi, tante sono le foglie su questo albero quante sono le esistenze che dovrai ancora vivere prima di essere liberato”. E lui non intende altro che queste parole: “E tu sarai liberato”. “Ed io sarò liberato!” esclama pieno di stupore. […] E in quell’istante è già libero. Poiché è andato al di là del tempo.
Questa storiella, tratta dal libro di Arnaud Desjardins “L’audacia di vivere“, esprime perfettamente il concetto sintetizzato dalla visione del bicchiere “mezzo pieno” o “mezzo vuoto”.
Al di là del messaggio riguardante l’approccio ottimistico o pessimistico alla vita, ce n’è un secondo: se accettiamo le cose come sono, siamo già liberi. Tante esistenze dovranno passare prima che il secondo yogi sia liberato. ma in realtà egli è già libero perché sta già assaporando la gioia dell’illuminazione. Il primo, invece, nella sua impazienza, sopporterà male l’attesa.
Nel libro, Desjardins ci incita quindi a vivere nell’accettazione, a dire “sì” a tutto ciò che la vita metterà sul nostro cammino. Il che non significa che non dovremo desiderare o lavorare per ottenere di meglio, ma che mentre lo facciamo dovremmo accettare lo stato di cose attuale. Un atteggiamento apparentemente passivo ma che è in realtà il solo che ci permette di vivere pienamente nel “qui e ora”, piegandoci come canne al vento invece di spezzarci come un albero secco.
Più c’è vita, più c’è flessibilità. Meno c’è vita, più c’è rigidità. I rami di un albero ancora vivo sono flessibili, quelli di un albero morto si spezzano facilmente. Un essere vivente può muoversi, un cadavere è rigido. Più sarete fluidi, più sarete vivi.
Nello yoga lavoriamo sulla flessibilità del corpo e della mente, e osservando le persone anziane che frequentano i miei corsi la frase “più sarete fluidi, più sarete vivi” acquista per me un significato concreto. Posso infatti affermare che le nonnine che praticano lo yoga sono “più vive” rispetto alle altre.
Lo stesso vale per chiunque riesca, attraverso lo yoga o altre discipline (può trattarsi di un’arte o di uno sport, ad esempio) a vivere pienamente nel presente senza proiettare su di esso gli spettri del passato o le ansie per il futuro. La positività diventa una seconda natura perché quello in cui viviamo è l’unico istante che conta, l’unico che esiste davvero.