Vipassana: la mia esperienza
Eccomi di ritorno dopo il corso di meditazione Vipassana: una delle esperienze più belle e insieme più difficili della mia vita. Si tratta di un corso intensivo (11 ore di meditazione al giorno per 10 giorni), durante il quale non è consentito parlare o comunicare in altro modo, né con gli altri allievi e nemmeno con il mondo esterno, familiari inclusi.
L’idea del silenzio mi attraeva moltissimo. Quella dell’isolamento un po’ meno e, come è naturale per una mamma, mi è pesato un po’ non poter sentire i miei figli. Con il senno di poi, però, so che è stato meglio così: loro sono stati benissimo e io ho potuto concentrarmi seriamente sul lavoro che intendevo fare. Torno a casa completamente “resettata”, e di questa mia versione “luminosa” godremo tutti quanti.
Si tratta di un’esperienza molto dura fisicamente (non si direbbe, ma le lunghe ore trascorse seduti sul pavimento sono tutt’altro che una passeggiata, e i ritmi di vita monastici non sono dei più riposanti. Si è però ripagati (e con gli interessi!) dai benefici derivanti dalla pratica.
Esistono centri Vipassana in tutto il mondo e funzionano tutti allo stesso modo: corso, vitto e alloggio sono gratuiti, o meglio, sono offerti da altri allievi che, al termine del loro percorso, hanno deciso di fare una donazione. In questo modo ciascuno regala a qualcun altro questa meravigliosa esperienza. Ciascuno, alla fine del corso, potrà fare altrettanto ed offrire ad altri la possibilità di sperimentare questa tecnica. Potrei fermarmi qui, e sarebbe già una cosa meravigliosa. Ma questo è solo l’inizio.
Vipassana è una tecnica di meditazione (quella sperimentata e insegnata da Gotama il Buddha) basata sull’auto-osservazione. Per prima cosa è necessario accettare un codice di disciplina (non uccidere alcuna creatura vivente, non rubare, non avere un comportamento sessuale scorretto, non mentire e non fare uso di sostanze inebrianti). Ci si impegna inoltre a non disturbare gli altri e a non fare caso alle distrazioni causate da loro. Dopodiché si inizia a lavorare per ottenere la padronanza della mente, concentrandosi sull’osservazione del respiro e poi delle sensazioni del corpo. L’ultima tappa è la condivisione dell’armonia raggiunta con tutti gli esseri.
La tecnica si basa sull’insegnamento del Buddha, ma non è necessario essere buddhisti per riconoscere questa realtà universale: ignoranza, bramosia e avversione sono le cause della nostra sofferenza. Quando queste scompaiono, anche la sofferenza scompare. Attraverso Vipassana è possibile sperimentare sulla propria pelle questa semplice verità che, finché rimane a livello teorico, non può avere un impatto concreto sulle nostre vite:
La bramosia e l’avversione devono essere sradicate alla loro sorgente, che è là dove la sensazione sorge. Per fare ciò si deve sviluppare la capacità di essere coscienti di tutte le sensazioni fisiche all’interno del corpo, Per questo scopo la mente deve essere allenata a diventare acuta e abbastanza sensibile da percepire le sensazioni a tutti i livelli, Insieme con questa distinta coscienza si deve inoltre sviluppare la facoltà di mantenersi equanime verso ogni tipo di sensazione, piacevole, spiacevole o neutra, senza reagire.
Esistono centri Vipassana in tutto il mondo. Quello italiano si trova a Lutirano di Marradi, in provincia di Firenze, immerso nella pace delle colline toscane. Si arriva il giorno “zero”, possibilmente prima delle 17, e si viene accolti dai volontari che lo gestiscono (anche il maestro e le persone che si occupano della cucina, delle pulizie, dell’amministrazione, eccetera, sono meditatori volontari). Al suonare del gong inizia il Nobile Silenzio: non si potrà più parlare né comunicare in altro modo fino al nono giorno. Solo due eccezioni: ci si può rivolgere al maestro, in un orario prestabilito, per eventuali dubbi sulla pratica, e al suo assistente per problemi di tipo tecnico.
Dopo una leggera cena (da gustare per bene, perché non si cenerà per i successivi dieci giorni) ci si sistema nelle camere, molto spartane, che possono avere dai due ai sei letti.
Nei giorni seguenti la vita del meditatore è scandita dal suono del gong. Suona alle 4 del mattino per la sveglia, poi alle 4,30 per la prima seduta di meditazione. Alle 6.30 segna l’ora della colazione, e alle 8 di nuovo meditazione (in tutto 10 sedute da una o due ore nel corso della giornata). Pranzo alle 11, tè alle 17, discorso del Maestro alle 19. Alle 21 si possono fare domande al maestro e alle 21.30 tutti a letto.
Durante i primi tre giorni si rinforza la concentrazione meditando sul respiro (meditazione anapana). In seguito si sperimenta la tecnica detta Vipassana, ovvero la meditazione sulle sensazioni del corpo. Con il passare dei giorni la sensibilità diventa sempre più acuta e si iniziano a sperimentare sensazioni via via più sottili.
Solo l’ultimo giorno si sposta l’attenzione fuori di sé, con la volontà di condividere i benefici acquisiti con tutti gli esseri viventi.
L’ultimo giorno è anche quello della transizione: quello in cui cessa il Nobile Silenzio e si può finalmente chiacchierare con tutte le persone che si sono incrociate nei giorni precedenti. Sembra incredibile ma si creano legami anche senza parlarsi né guardarsi: avrei voluto tanto abbracciare le mie compagne di stanza ma purtroppo questo non è permesso fino alla fine.
Si scoprono tante persone estremamente diverse tra loro, tutte accomunate da un obiettivo comune che non ha confini culturali né religiosi. Finalmente si possono ringraziare le persone che hanno prestato servizio (in cucina, facendo le pulizie, eccetera) permettendo agli allievi di concentrarsi sulla meditazione senza doversi preoccupare delle cose di ogni giorno.
Per mantenere l’equilibrio della mente raggiunto durante il corso residenziale, le istruzioni sono di continuare a meditare per almeno due ore al giorno: un’ora al mattino e una la sera. Prendersi questo impegno può sembrare impossibile ma non è affatto così: sono ore che possono essere “rubate” al sonno (la meditazione ristora quanto il sonno stesso) oppure ad attività che svolgiamo durante la giornata: godendo infatti di una migliore concentrazione si recupera tranquillamente il tempo investito. Inutili i sensi di colpa nei confronti dei familiari, che saranno i primi a beneficiare del vostro equilibrio ritrovato. Si tratta di un impegno che richiede un grande sforzo e una forte determinazione (qualità, questa, sulla quale si lavora in modo intensivo durante i dieci giorni) ma che ripaga con gli interessi: provare per credere.
Per quanto mi riguarda, sono rientrata da meno di una settimana e nuoto ancora nel mare di serenità che deriva dal corso. Spero che questo entusiasmo non mi abbandoni e con esso la pace interiore che ne deriva.
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