Pugilato: uno Sport Educativo?
Quest’anno Leonardo ha iniziato la prima media. Ormai non è più un bambino e a volte le sue scelte ci stupiscono.
Ultimamente, ad esempio, ha espresso il desiderio di praticare il pugilato. Quando costruisci intorno a tuo figlio la tua personale “casa nella prateria” non è esattamente quello che ti aspetti ad undici anni.
Ma come diceva saggiamente Gibran:
I vostri figli non sono figli vostri… Sono i figli e le figlie della forza stessa della Vita. Nascono per mezzo di voi, ma non da voi. Dimorano con voi, tuttavia non vi appartengono. Potete dar loro il vostro amore, ma non le vostre idee.
Prima di pronunciare il “no” che avevo sulla punta della lingua ho voluto riflettere e cercare di comprendere le ragioni della sua richiesta. Ne ho parlato con lui e con un amico pugile, poi ho pensato di chiedere consiglio anche a mio cugino Andrea (sì, sempre lui), 17 anni, che ha praticato il pugilato per diversi anni anche a livello agonistico, per poi sacrificare questa sua passione e consacrarsi interamente agli studi. Gli ho chiesto quali fossero le motivazioni che lo avevano spinto a scegliere questo sport, e che cosa aveva imparato negli anni trascorsi sul ring.
La sua risposta mi ha fatto venire i brividi e mi ha permesso di vedere la cosa da un punto di vista completamente diverso. Con il suo permesso, la pubblico di seguito perché credo che possa essere d’aiuto a qualsiasi genitore che dovesse trovarsi nella mia stessa situazione:
«Mi sono avvicinato al mondo del pugilato quando avevo 12 anni. Andavo alle medie, in classe ero un emarginato, i ragazzi mi prendevano in giro, mentre le ragazze semplicemente non mi guardavano di striscio. Ora non ti aspettare che ti dica che la boxe mi ha trasformato in un Macho Latin Lover amato e rispettato da tutti, perché non è andata così.
Ho iniziato a fare pugilato e non è cambiato nulla. O meglio, gli altri si comportavano allo stesso modo di prima, io invece sono cambiato. Non esagero dicendoti che il pugilato è stato il mio terzo genitore, è stato la mia rivincita, la mia possibilità di riscattarmi, di sentirmi qualcuno quando non mi considerava nessuno, anche se solo per pochi minuti dentro ad un quadrato di pochi metri.
Sono sempre stato un ragazzo timido ed introverso, questo sport mi ha fatto crescere, mi ha dato sicurezza, mi ha insegnato il rispetto per l’avversario, la disciplina, l’impegno, la costanza. […] Non ho mai alzato le mani su nessuno fuori dalla palestra, non ho mai usato la boxe per rivalermi sui più deboli, perché anche io sono stato un debole e so quanto è brutto sentirsi impotenti. Chissà che non ci sia un collegamento con la mia sensibilità verso gli animali (i più deboli per antonomasia)»
Non abbiamo ancora deciso se accontentare Leonardo o meno, però abbiamo capito che la sua richiesta non è dettata da una sorta di violenza latente ma – probabilmente – dalla voglia di affermarsi, di sentirsi forte e sicuro di sé dopo il passaggio dalla rassicurante scuolina di campagna nella quale era il difensore dei piccoli a quella nuova, immensa e lontana da casa, dove il piccolo è lui.
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Post aggiornato il 1 giugno 2015: leggete qui per sapere come è andata a finire 😉