Portare i bambini
Tutti gli studiosi concordano nel definire il passaggio dalla vita intrauterina al mondo esterno come un evento traumatico per il bambino.
Fino a poco tempo prima se ne stava tranquillo, al sicuro, cullato e accarezzato dalle pareti uterine. E all’improvviso… freddo, luce, fame, rumore, forza di gravità. E’ più che comprensibile che il piccolo si senta quanto meno “spaesato”. Altrettanto comprensibile è il suo desiderio di ritrovare le sensazioni piacevoli alle quali era abituato.
Solo a contatto con la mamma il neonato potrà ritrovare quell’odore, quella voce, quel battito, quel calore.
L’idea del portare i bambini non è certo nuova né originale. Fin dalla notte dei tempi i bambini sono stati portati dalle loro mamme (o dai papà, dalle nonne, o da altri membri della famiglia). Poi, un giorno, qualcuno ha inventato passeggini e carrozzine, e ha intimato alle giovani mamme, che per natura desiderano stringere a sé il proprio bambino, di metterlo giù, per non viziarlo.
Così oggi i bambini devono stare nella carrozzina, nel loro lettino, magari anche da soli nella loro cameretta. Quando piangono è vietato prenderli in braccio, altrimenti prenderanno delle cattive abitudini. Devono mangiare ogni tre-quattro ore. Poco importa se hanno fame prima. Poco importa se fino a poche ore prima non conoscevano neanche questa sensazione.
Ma come siamo arrivati a questo punto? Per quale motivo una mamma dovrebbe rinnegare il suo istinto e “lasciar piangere” il suo bambino che non chiede altro che il contatto rassicurante con la persona per lui più importante? Come possiamo credere che un neonato, che non è neanche in grado di fare la differenza tra il suo corpo e quello della mamma, che non sa nemmeno che le sue mani gli appartengono, sia capace di manipolare l’adulto per ottenere ciò che desidera?
Non è il neonato a manipolare i genitori. E’ la natura che, nella sua sorprendente, meravigliosa perfezione ha fatto in modo che il pianto del neonato sia così tremendamente insopportabile. Il suo pianto è fatto apposta per richiamare l’attenzione delle persone che lo accudiscano, perché soddisfino i suoi bisogni. Non i suoi capricci, i suoi bisogni.
Stare tra le braccia della mamma (o del papà, o della persona che si prende cura di lui) è per il bambino una necessità. Il contatto fisico per lui è importante quanto l’aria e il cibo. E’ un bisogno. Un bisogno che non può essere ignorato.
I cuccioli di alcuni animali (i cavalli, ad esempio) sono abbastanza maturi da potersela sbrigare da soli poco dopo la nascita. Per il “cucciolo d’uomo” non è così. Deve ancora maturare, ed è ancora completamente dipendente dalla mamma.
Ovviamente, è importante che il neonato si apra al mondo esterno, ma questo dovrebbe avvenire gradualmente. Tra le braccia della mamma, il bambino può osservare il mondo circostante, interagendo con esso molto più che da una culla o un box, pur sentendosi protetto e al sicuro.
In molte culture viene considerato normale portare i bambini. Essi seguono i genitori e partecipano alle loro attività fin dalla nascita.
Lavorare, fare la spesa, cucinare, pulire, camminare e parlare con amici sono cose da fare, per cui trovare il tempo, da considerare come attività. Il bambino (con altri bambini) è semplicemente portato dietro come cosa naturale; non bisogna trovare del tempo appositamente per lui, a parte i minuti che si dedicano a cambiargli i pannolini; il bagno può farlo con sua madre; nemmeno l’allattamento richiede che si interrompano le altre attività. (Jean Liedloff – Il concetto del continuum).
l bambino portato non diventerà un bambino viziato. Anzi, diventerà un bambino sicuro di sé, pronto, al momento giusto, ad esplorare il mondo.
Il bambino nella fascia è più tranquillo, piange meno, e lascia libere le mani della mamma, che può dedicarsi a molte delle sue attività abituali.
Il contatto continuo permette alla mamma di essere più attenta ai bisogni del proprio bambino e a rispondere tempestivamente.
Il bambino partecipa alla vita familiare. In questo modo riceve tutti gli stimoli di cui ha bisogno. Tutti i suoi sensi sono stimolati.
Il bambino è attivo: cerca spontaneamente l’equilibrio, esercitando tutti i suoi muscoli. Si addormenta quando è stanco, mangia quando ha fame, ascolta ed interagisce con il mondo esterno quando è sveglio.
Il bambino impara a distinguere il giorno (luce, ma anche movimento, attività) dalla notte (quando fa buio e tutto è calmo ed immobile).
Il bambino non ha bisogno di piangere e di urlare per attirare l’attenzione della mamma.
La fascia (o il portabebé) permette inoltre alla mamma di recarsi praticamente ovunque con il suo bambino. Anche in luoghi nei quali, con il passeggino, ci sarebbero delle difficoltà.
Il bambino nella fascia può essere comodamente (e discretamente) allattato ovunque e in qualunque momento.
Di seguito, alcuni dei dubbi più frequenti tra i genitori alle prime armi con questa pratica:
– A prima vista, annodare la fascia può sembrare molto complicato. Inoltre c’è la paura di annodarla male, facendo cadere il bambino. Questo è praticamente impossibile. Basterà un po’ di allenamento per imparare ad annodare la fascia. Inoltre, il peso del bambino, eventualmente, potrà stringere il nodo, non scioglierlo.
– Paura di soffocare il bambino. Alcune mamme hanno paura che il bambino, stretto contro di loro, avvolto nella fascia, non riesca a respirare. Anche questa è una paura infondata. Le fasce sono in genere fatte di cotone o di lino, tessuti estremamente traspiranti. Inoltre lo stretto contatto con la mamma permette a quest’ultima di tenere sotto controllo la situazione.
– Paura di viziare il bambino: i bambini portati in tutti i Paesi del mondo non sono meno indipendenti di quelli che stanno nel passeggino, anzi.
– Paura che il bambino soffra il caldo. In estate mi sono spesso sentita chiedere se i miei figli non avessero troppo caldo nella fascia. Sicuramente un bimbo portato a contatto con la mamma non ha più caldo di uno che sta in una di quelle mini-serre completamente sintetiche che hanno il nome di passeggino . Anzi… i tuareg portano i loro neonati proprio perché la temperatura corporea della mamma è inferiore a quella del deserto…
Contrariamente ai marsupi in commercio, la fascia ed il mei tai permettono un posizionamento migliore sia per la mamma che per il bambino. La mamma può regolarli in base alla sua corporatura. Il bambino è seduto, non “appeso” come nei marsupi standard, che scaricano tutto il peso sui genitali. Le gambe sono divaricate (posizione consigliata per evitare problemi di displasia dell’anca) e non sospese nel vuoto.
Sia la fascia che il mei tai possono essere utilizzati fin dalla nascita in posizione frontale, dorsale e ad amaca. Dai sei mesi in poi si potrà sperimentare anche la posizione sul fianco.
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Tutorial: come realizzare un Mei Tai
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Tutti gli studiosi concordano nel definire il passaggio dalla vita intrauterina al mondo esterno come un evento traumatico per il bambino.
Fino a poco tempo prima se ne stava tranquillo, al sicuro, cullato e accarezzato dalle pareti uterine. E all’improvviso… freddo, luce, fame, rumore, forza di gravità. E’ più che comprensibile che il piccolo si senta quanto meno “spaesato”. Altrettanto comprensibile è il suo desiderio di ritrovare le sensazioni piacevoli alle quali era abituato.
Solo a contatto con la mamma il neonato potrà ritrovare quell’odore, quella voce, quel battito, quel calore.
L’idea del portare i bambini non è certo nuova né originale. Fin dalla notte dei tempi i bambini sono stati portati dalle loro mamme (o dai papà, dalle nonne, o da altri membri della famiglia). Poi, un giorno, qualcuno ha inventato passeggini e carrozzine, e ha intimato alle giovani mamme, che per natura desiderano stringere a sé il proprio bambino, di metterlo giù, per non viziarlo.
Così oggi i bambini devono stare nella carrozzina, nel loro lettino, magari anche da soli nella loro cameretta. Quando piangono è vietato prenderli in braccio, altrimenti prenderanno delle cattive abitudini. Devono mangiare ogni tre-quattro ore. Poco importa se hanno fame prima. Poco importa se fino a poche ore prima non conoscevano neanche questa sensazione.
Ma come siamo arrivati a questo punto? Per quale motivo una mamma dovrebbe rinnegare il suo istinto e “lasciar piangere” il suo bambino che non chiede altro che il contatto rassicurante con la persona per lui più importante? Come possiamo credere che un neonato, che non è neanche in grado di fare la differenza tra il suo corpo e quello della mamma, che non sa nemmeno che le sue mani gli appartengono, sia capace di manipolare l’adulto per ottenere ciò che desidera?
Non è il neonato a manipolare i genitori. E’ la natura che, nella sua sorprendente, meravigliosa perfezione ha fatto in modo che il pianto del neonato sia così tremendamente insopportabile. Il suo pianto è fatto apposta per richiamare l’attenzione delle persone che lo accudiscano, perché soddisfino i suoi bisogni. Non i suoi capricci, i suoi bisogni.
Stare tra le braccia della mamma (o del papà, o della persona che si prende cura di lui) è per il bambino una necessità. Il contatto fisico per lui è importante quanto l’aria e il cibo. E’ un bisogno. Un bisogno che non può essere ignorato.
I cuccioli di alcuni animali (i cavalli, ad esempio) sono abbastanza maturi da potersela sbrigare da soli poco dopo la nascita. Per il “cucciolo d’uomo” non è così. Deve ancora maturare, ed è ancora completamente dipendente dalla mamma.
Ovviamente, è importante che il neonato si apra al mondo esterno, ma questo dovrebbe avvenire gradualmente. Tra le braccia della mamma, il bambino può osservare il mondo circostante, interagendo con esso molto più che da una culla o un box, pur sentendosi protetto e al sicuro.
In molte culture viene considerato normale portare i bambini. Essi seguono i genitori e partecipano alle loro attività fin dalla nascita.
Lavorare, fare la spesa, cucinare, pulire, camminare e parlare con amici sono cose da fare, per cui trovare il tempo, da considerare come attività. Il bambino (con altri bambini) è semplicemente portato dietro come cosa naturale; non bisogna trovare del tempo appositamente per lui, a parte i minuti che si dedicano a cambiargli i pannolini; il bagno può farlo con sua madre; nemmeno l’allattamento richiede che si interrompano le altre attività. (Jean Liedloff – Il concetto del continuum).
l bambino portato non diventerà un bambino viziato. Anzi, diventerà un bambino sicuro di sé, pronto, al momento giusto, ad esplorare il mondo.
Il bambino nella fascia è più tranquillo, piange meno, e lascia libere le mani della mamma, che può dedicarsi a molte delle sue attività abituali.
Il contatto continuo permette alla mamma di essere più attenta ai bisogni del proprio bambino e a rispondere tempestivamente.
Il bambino partecipa alla vita familiare. In questo modo riceve tutti gli stimoli di cui ha bisogno. Tutti i suoi sensi sono stimolati.
Il bambino è attivo: cerca spontaneamente l’equilibrio, esercitando tutti i suoi muscoli. Si addormenta quando è stanco, mangia quando ha fame, ascolta ed interagisce con il mondo esterno quando è sveglio.
Il bambino impara a distinguere il giorno (luce, ma anche movimento, attività) dalla notte (quando fa buio e tutto è calmo ed immobile).
Il bambino non ha bisogno di piangere e di urlare per attirare l’attenzione della mamma.
La fascia (o il portabebé) permette inoltre alla mamma di recarsi praticamente ovunque con il suo bambino. Anche in luoghi nei quali, con il passeggino, ci sarebbero delle difficoltà.
Il bambino nella fascia può essere comodamente (e discretamente) allattato ovunque e in qualunque momento.
Di seguito, alcuni dei dubbi più frequenti tra i genitori alle prime armi con questa pratica:
– A prima vista, annodare la fascia può sembrare molto complicato. Inoltre c’è la paura di annodarla male, facendo cadere il bambino. Questo è praticamente impossibile. Basterà un po’ di allenamento per imparare ad annodare la fascia. Inoltre, il peso del bambino, eventualmente, potrà stringere il nodo, non scioglierlo.
– Paura di soffocare il bambino. Alcune mamme hanno paura che il bambino, stretto contro di loro, avvolto nella fascia, non riesca a respirare. Anche questa è una paura infondata. Le fasce sono in genere fatte di cotone o di lino, tessuti estremamente traspiranti. Inoltre lo stretto contatto con la mamma permette a quest’ultima di tenere sotto controllo la situazione.
– Paura di viziare il bambino: i bambini portati in tutti i Paesi del mondo non sono meno indipendenti di quelli che stanno nel passeggino, anzi.
– Paura che il bambino soffra il caldo. In estate mi sono spesso sentita chiedere se i miei figli non avessero troppo caldo nella fascia. Sicuramente un bimbo portato a contatto con la mamma non ha più caldo di uno che sta in una di quelle mini-serre completamente sintetiche che hanno il nome di passeggino . Anzi… i tuareg portano i loro neonati proprio perché la temperatura corporea della mamma è inferiore a quella del deserto…
Contrariamente ai marsupi in commercio, la fascia ed il mei tai permettono un posizionamento migliore sia per la mamma che per il bambino. La mamma può regolarli in base alla sua corporatura. Il bambino è seduto, non “appeso” come nei marsupi standard, che scaricano tutto il peso sui genitali. Le gambe sono divaricate (posizione consigliata per evitare problemi di displasia dell’anca) e non sospese nel vuoto.
Sia la fascia che il mei tai possono essere utilizzati fin dalla nascita in posizione frontale, dorsale e ad amaca. Dai sei mesi in poi si potrà sperimentare anche la posizione sul fianco.