L’ipnosi: cos’è e come funziona
Quando si parla di ipnosi, la maggior parte delle persone pensa subito all’ipnosi da palcoscenico, durante la quale un presentatore/ipnotizzatore/illusionista impartisce al pubblico ordini più o meno bizzarri per divertire o semplicemente impressionare la platea.
Questo ramo dell’ipnosi deriva dal mesmerismo e nacque nei primi dell’ottocento con scopi di puro intrattenimento. Grazie all’attenzione provocata da questo genere di spettacoli però, furono effettuati studi approfonditi sull’argomento, che portarono all’evoluzione di questa tecnica, oggi usata anche e soprattutto per scopi terapeutici.
Ho iniziato a studiare l’ipnosi perché mi sembra il naturale prolungamento del lavoro che faccio con lo yoga e con la meditazione, e in effetti – anche dopo averla testata su di me – i punti in comune sono tantissimi e le tecniche molto, molto simili.
Negli ultimi anni ho conosciuto persone che hanno smesso di fumare, perso peso, sconfitto la paura di volare o raggiunto altri importanti traguardi grazie all’ipnosi, ed essendo la mia “mission” personale quella di aiutare le persone a stare meglio, ho deciso di approfondire l’argomento.
Cos’è l’ipnosi
Il termine deriva dal greco “hypnos”, sonno. Si tratta di una condizione di rilassamento profondo indotta da un operatore o dal soggetto stesso (in questo caso parliamo di autoipnosi) durante la quale, con opportune suggestioni, si può lavorare sull’inconscio permettendo di superare blocchi e traumi e di guarire disturbi dovuti a cause psicosomatiche.
L’ipnosi di tipo terapeutico viene chiamata ipnoterapia. In Italia viene praticata esclusivamente da medici e psicologi. Qui in Francia non ci sono, invece, queste restrizioni, anche se mi rendo conto studiando che una conoscenza delle basi della psicologia è davvero importante in questo percorso.
Ma torniamo a noi. Lo stato di ipnosi è, dunque, uno stato di estremo rilassamento e di grande ricettività, durante il quale il soggetto è particolarmente sensibile alle suggestioni che gli vengono proposte. Queste hanno lo scopo di aiutarlo a superare i suoi blocchi inconsci e a ritrovare il benessere psicofisico.
È davvero sorprendente quello che la gente riesce a fare. Solo che tante volte non sa quello che può fare.
(Milton Erickson)
Che cosa non è
L’ipnosi, o meglio l’ipnoterapia non è, come potrebbe sembrare a chi conosce solo l’ipnosi da palcoscenico, un meccanismo di manipolazione tramite il quale l’operatore dirige il paziente come una marionetta. Si tratta invece di un lavoro di squadra, durante il quale paziente e terapeuta lavorano insieme per un obiettivo comune. Per motivi etici l’ipnoterapeuta non proporrà al paziente suggestioni contrarie a quelli che sono i suoi principi e i suoi valori, ma se anche questi dovesse farlo, il soggetto ipnotizzato non le seguirebbe. Si tratta in effetti di proposte che, essendo dirette all’inconscio, aggirano le barriere poste dai condizionamenti esterni ma non possono essere efficaci se vanno contro la volontà profonda del soggetto.
A questo proposito Erickson racconta un episodio di quando era ragazzo e trovò un cavallo che pascolava sul suo terreno.
Questo cavallo non aveva nessun segno di riconoscimento, ma Erickson si offrì di riportarlo ai proprietari. Per fare ciò, salì semplicemente sul cavallo, lo condusse sulla strada e lasciò che scegliesse da che parte voleva andare. Interveniva solo quando il cavallo lasciava la strada per pascolare o per vagare in un campo. Quando alla fine il cavallo arrivò all’appezzamento di un vicino, diverse miglia giù per la strada, questo vicino chiese a Erickson: «Come facevi a sapere che quel cavallo veniva da qui e che era nostro?».
«Io non lo sapevo», rispose Erickson, «ma il cavallo sì. Non ho fatto altro che mantenerlo sulla strada».
Milton Erickson – La mia voce ti accompagnerà
È proprio così che funziona l’ipnosi. Il terapeuta mantiene il paziente sulla strada. Il suo inconscio è il cavallo. Lui sa già dove deve andare.
A che cosa serve
Come accennato sopra, l’ipnosi terapeutica serve ad aiutare il soggetto ad entrare in contatto con il proprio io profondo, a capire quali sono i valori che contano e ad aggirare gli ostacoli che si trovano tra la sua volontà profonda e la sua capacità di metterla in atto. Immagina una persona con una forte vocazione artistica cresciuta in una famiglia che vuole assolutamente farne un notaio/avvocato/altra professione socialmente riconosciuta e rispettata. Questa persona potrà ignorare la sua vocazione fino a dimenticarla, salvo poi manifestare la frustrazione di cui nemmeno è cosciente attraverso sintomi psicofisici. L’ipnosi aiuterà un soggetto del genere ad individuare la propria strada e a trovare il coraggio di percorrerla.
Immagina adesso una persona abusata durante l’infanzia che mangia eccessivamente ed ingrassa per nascondersi e proteggersi dietro uno strato di grasso. L’ipnosi potrà aiutarla a capire le ragioni del suo comportamento e a porvi rimedio.
Oppure pensa ad una persona, abbandonata da un genitore durante l’infanzia, che desidera formare una famiglia ma non riesce a legarsi a nessuno per paura dell’abbandono. Attraverso l’ipnosi potrà comprendere le cause della sua difficoltà e riuscire a relazionarsi serenamente con i potenziali partner.
Questi sono solo alcuni esempi delle potenzialità di questa tecnica, che può essere d’aiuto in moltissime situazioni. Spesso i sintomi inspiegabili di malattie delle quali la medicina non riesce a stabilire la causa cessano immediatamente non appena se ne scopre la causa.
Erickson non pretese mai niente di miracoloso dall’ipnosi. E tuttavia affermò in più occasioni che tutti noi possediamo dei poteri, delle forze naturali, di cui non ci serviamo. Grazie allo sprone di adeguate suggestioni e direttive, è spesso possibile imbrigliare e utilizzare queste forze.
Un aneddoto
Quando vivevo a Torino soffrivo di rinite allergica. Per molti mesi all’anno (non solo in primavera) starnutivo continuamente, lacrimavo e avevo bruciore agli occhi.
Quando sono andata a vivere fuori i miei sintomi sono scomparsi. Questione di vegetazione, ho pensato. Appurato che ero allergica ad un gran numero di pollini, mi sono detta che – semplicemente – vivendo in un luogo in cui la vegetazione era diversa, non ero esposta a quelli che mi causavano reazioni allergiche.
Poi ho conosciuto quello che sarebbe diventato mio marito. Ogni volta che andavo al suo paese avevo forti crisi allergiche. Probabilmente – pensavo – lì c’erano di nuovo i famosi pollini “torinesi”.
Fortunatamente, a casa mia stavo bene. Anche quando ho cambiato e ricambiato città, paese e regione. Ovunque fosse la mia casa, a casa mia stavo bene.
Un giorno ero a Todi con il mio amico Edoardo e ho iniziato a starnutire. Lui mi ha proposto dell’oscillococcinum e io gli ho detto che non era raffreddore: riconosco dal pizzicore al naso e agli occhi quando si tratta di una manifestazione allergica.
Da bravo dottore, mi ha chiesto a cosa ero allergica. Gli ho detto di avere una lista di pollini talmente lunga che non la ricordavo nemmeno. Dopo una mattinata intera passata a starnutire lui mi ha chiesto se avevo notato in quali occasioni si manifestavano le crisi allergiche. Gli ho risposto che mi succedeva quando andavo a Torino da mia madre o in Ardèche da mia suocera. Mentre pronunciavo queste parole stavamo passeggiando. Mi sono fermata di colpo, ho guardato Edoardo e mi sono messa a ridere: vuoi vedere che sono allergica a mia madre e a mia suocera? Lui non ha risposto. Cinque muniti dopo, però, mi ha fatto notare che avevo smesso di starnutire. Quella è stata la mia ultima crisi allergica. All’epoca avevo rapporti tesi sia con mia madre che con mia suocera, e quando mi trovavo in casa dell’una o dell’altra stavo male. Non avevo mai avuto il coraggio di affrontarle, perché le amavo e le rispettavo entrambe, e perché sono una persona che tende ad evitare i conflitti. Fino a – mi sono accorta in questo caso – somatizzare pur di non intaccare il quieto vivere.
La semplice presa di coscienza ha fatto cessare i sintomi. Il mio lavoro su me stessa (yoga, meditazione, psicoterapia…) insieme a questa nuova consapevolezza ha fatto il resto. Ora vado d’accordo sia con l’una che con l’altra, e non ho più paura di dire quando una cosa non mi sta bene. Ho sempre uno zirtec in borsa ma mi capita raramente di farvi ricorso.
Senza nemmeno saperlo, Edoardo mi ha regalato una seduta di ipnosi conversazionale. La sua esperienza a sostegno delle persone in farmacia lo rende senz’altro particolarmente abile nell’individuare le problematiche e indagarle a fondo. In questo caso la presa di coscienza è stata sufficiente a risolvere il mio problema.
Le suggestioni
Le suggestioni sono, secondo il mio professore di ipnosi, Claude Baumel, la parte più importante della tecnica. I libri di testo dicono infatti che Freud abbandonò la pratica dell’ipnosi (in seguito ad un episodio imbarazzante con una paziente che gli saltò letteralmente addosso) ma che continuò ad utilizzare le suggestioni. Secondo il professor Baumel questo significa che – in realtà – il fondatore della psicanalisi non aveva affatto abbandonato la pratica dell’ipnosi il cui nodo sono, appunto, le suggestioni. Semplicemente non lavorava più con i pazienti in stato di trance.
Il grado di suggestibilità
Teoricamente, tutti possono essere ipnotizzati. Esistono però alcuni soggetti resistenti all’ipnosi. Ora ti propongo un piccolo esperimento “da palcoscenico” per testare il tuo grado di suggestibilità. Lo trovi qui.
Ti interessa l’autoipnosi?
Puoi impararla grazie al mio videocorso online: